Sul set de La versione di Giuda di Giulio Base

La Calabria si trasforma in un luogo sacro percorso da santi e divi di Hollywood

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Giulio Base

L’appuntamento con Giulio Base, regista de La versione di Giuda è in una calda mattina di agosto a Cosenza, in Calabria. È qui che sta girando il suo ultimo film con Rupert Everett nei panni di Kaifa, John Savage e Paz Vega sono Giuseppe e Maria, Darko Peric interpreta Pietro, Tomasz Kot è Simone e Abel Ferrara il terribile Erode. Il set è stato allestito nel Castello Svevo, su di un cucuzzolo del centro storico della cittadina calabrese, dove si accede salendo da una ripida stradina che, vista la calura estiva, ti toglie il fiato. Il film è prodotto da Agnus Dei Production, Minerva Pictures, Agresywna Banda e Rai Cinema e il sostegno della Calabria Film Commission guidata da Anton Giulio Grande che ha messo a disposizione alcuni luoghi suggestivi tra cui Curinga, Corigliano-Rossano, Cleto, Cosenza e il Parco Nazionale della Sila.

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Arrivato sul posto trovo Giulio Base che indossa un costume di scena, una comoda e leggera tunica nera con cappuccio che vista l’altezza lo fa sembrare più a un tenebroso tuareg che all’apostolo traditore. “Dobbiamo sembrare sporchi, logori e consunti, del resto gli Apostoli sono degli zingari, nel senso buono del termine, mangiamo quello che troviamo e dormiamo dove possiamo” inizia a spiegarmi il regista che nel frattempo sta dando le dovute disposizioni ai tecnici circa la tabella di marcia. Oggi si gira parecchio e bisogna serrare i ranghi. La scena si svolge in una delle stanze diroccate del castello dove si consumerà il banchetto che alcuni nobili offrono a Gesù e ai sui 12 apostoli. “Si girerà tutto a braccio con la luce naturale delle torce che ardono e con musica suonata rigorosamente dal vivo. Uno degli apostoli, Checco Pallone che interpreta Mattia, è il compositore della colonna sonora e oggi suonerà l’oud in presa diretta” ci tiene a sottolineare Base prima di iniziare il primo di numerosi ciak. Ci si sposta poi nel fossato, sotto il sole cocente, dove si girerà l’arrivo degli Apostoli insieme ad alcune comparse. Sul set con un copricapo da pescatore per ripararsi dal sole, e con indosso un logoro saio, si materializza Darko Peric che con il suo barbone brizzolato non poteva che interpretare Pietro. “La versione di Giuda mi è sembrata subito un’idea interessante, anche se non sono cattolico, ma vivo da vent’anni in Spagna, un paese molto credente. Lavorare con Giulio e con tutto il cast è per me davvero molto stimolante” ci confida l’attore serbo diventato famoso per aver interpretato Helsinki ne La casa di carta.

Base è un perfezionista, sale, scende, si sbatte, va in regia, va sul set, incoraggia, consiglia “Rendere perfetto il set eliminando tutto ciò che non è contestuale all’epoca è stata un’ impresa titanica. Un cancello, una balaustra, le finestre, le porte, tutto ciò che è stato costruito dall’uomo in seguito deve sparire dall’inquadratura” spiega il regista. Si capisce che il nuovo direttore del Torino Film Festival a questo film ci tiene molto e, nonostante tutti gli imprevisti del caso, nel posto regna una pace inconsueta per un set dove lavorano circa una cinquantina di persone e dove, di solito, l’isterismo regna sovrano. Un progetto di cui sono davvero fiero. In queste 4 settimane di riprese insieme abbiamo costruito questa comunità di amici, un gruppo bello e coeso. Ci aiutiamo e sosteniamo a vicenda”. Giulio Base

Come ha scelto i suoi compagni di viaggio?

Scegliendo i 12 apostoli ho fatto una scelta radicale. Ci sarà uno di colore che non credo si sia mai visto, uno cieco vero, uno che zoppica veramente ed infine uno che disegna benissimo e che possiamo definire il capostipite di tutta l’arte sacra. Vedremo in scena i disegni della prima e ultima cena, le prime Madonne, i primi disegni di Gesù, la prima crocifissione. 

I film “sacri” sono diventati un po’ il suo marchio di fabbrica?

Si ma per la prima volta ho voluto raccontare il mio modo di leggere e sentire il Vangelo, in maniera più pura, più pulita, come l’ho sempre visto io. Tutti gli altri film che ho fatto erano nati dal punto di vista dell’ortodossia, mi riferisco ovviamente ai progetti di Lux Vide, legati al mondo fortemente accademico, ecclesiastico, quello degli studiosi. Uno dei miei personali testi sacri è Anarchia e Cristianesimo, un lungo saggio che accosta queste due filosofie, due modi di pensare, dove l’anarchia è la mancanza di dominio, di predominanza sugli altri che, secondo me, è quello che Gesù davvero ha detto, ha dimostrato, ha fatto. Rompere tutte le distinzioni, tra uomini e donne, tra ricchi e poveri, tra forti e deboli, andando all’essenza di quello che era, di come è descritto. Giulio Base

Possiamo dire che questo film è semplicemente il punto di vista?

Sì, ed è probabilmente il film più autobiografico che ho scritto. Tradire è mancare alla parola data, al credo, in questo caso alla fede. Io cento volte al giorno faccio delle cose per cui mi sento in difetto rispetto alla parola di Gesù, e non in senso strettamente ortodosso, evangelico, religioso, biblico. Quante volte nel corso della giornata soffro o pecco di presunzione, o magari dico una mezza bugia, o sono codardo, sono nervoso, o non riesco a porgere l’altra guancia e ad amare il mio nemico? Ognuna di queste azioni è un tradimento. 

Il film è diventato anche un grande progetto internazionale.

Sono sincero devo dare il merito di questo a mia moglie Tiziana Rocca, che è anche produttrice del film e per questo la ringrazio enormemente. Il casting internazionale è tutto merito suo. A me sembrava un progetto talmente assurdo, e devo dire che lo è tuttora. Un film semplice ma coraggioso, duro e puro, il flusso dei pensieri di uno, il punto di vista di Giuda, che non è metaforico ma è letterale. Una soggettiva diretta sempre, per tutto il film, anche se Giuda non si vede mai in volto e quindi già è un po’ un azzardo. In più è tutto un voice over del suo racconto. Quindi pensavo: ma gli attori quando leggeranno un copione in cui non parlano mai perché dovrebbero accettare? Non avevo proprio l’ardire di chiedere. 

Gesù di Nazareth di Zeffirelli ha significato qualcosa per lei? Giulio Base

Ero piccolo, nel ’77 avevo 13 anni, ma ricordo che tutta l’Italia si fermò. Fu una cosa talmente epocale che senz’altro da qualche parte risiede ancora in me la memoria di quel film. Credo che mi abbia segnato particolarmente il volto di Robert Powell che ancora oggi, se penso a Gesù lo immagino così. Tant’è vero che anche il mio, interpretato dal bravo Vincenzo Galluzzo, in qualche modo, gli somiglia perché scarnificato al massimo. Però prima di iniziare il progetto ho rivisto parecchi film ma non quello. Pasolini, Mel Gibson e altri. Ho ristudiato molto, per esempio Trascendental Style sulla forza della trascendenza di determinate immagini.