«Quando ho scoperto di essere incinta mi sembrava che tutti avessero un’opinione e una verità sulle cose giuste da fare. Mi sentivo indirizzata su una traiettoria che avevano deciso altri per me: frutto di consuetudini, pratiche standardizzate, scelte già compiute, pensieri e desideri fermi nel tempo. Mi sono chiesta se ci poteva essere un altro modo più personale, per affrontare il totale sconvolgimento che stavo attraversando e soprattutto se potevo condividerlo con chi come me stava vivendo quell’esperienza». Così la regista Claudia Brignone (La malattia del desiderio, La villa) descrive la condizione che l’ha portata a scoprire la realtà di cui parla nel suo nuovo lavoro Tempo d’attesa, vincitore, tra i riconoscimenti, del Gran Premio della Giuria a Torino 41 e candidato al David di Donatello – Cecilia Mangini per il documentario.
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Il film, di cui il 9 marzo inizia il tour nelle sale, partendo da Napoli (Multicinema Modernissimo) e Follonica (Cinema Tirreno), con successive tappe da Roma (Don Bosco, 14 marzo, e Troisi, 18 marzo) a Milano (Beltrade, 26 marzo, Anteo, 27 marzo) prende infatti le mosse dal lavoro dell’ostetrica Teresa De Pascale, fondatrice dell’associazione Terra Prena, impegnata a favorire l’incontro e il confronto tra donne durante la gravidanza e dopo il parto. Ogni settimana nel Parco del Bosco di Capodimonte (Napoli) alcune di loro si riuniscono per condividere vissuti, riflessioni, emozioni su un periodo complesso e delicato di cambiamento.
Tempo d’attesa raccoglie da qui la sfida di rappresentare senza stereotipi un’esperienza tanto intima quanto troppo spesso violata dalle pressioni e convenzioni della società (si denuncia tra l’altro il fenomeno della violenza ostetrica). E trova uno spunto negli spazi (a partire dalla magnolia, sineddoche di una natura in costante relazione visiva e sonora con le protagoniste), nei corpi e nelle parole di una comunità femminile (in cui peraltro gli uomini, mensilmente, sono ospitati esponendo a loro volta il tabù delle proprie incertezze e fragilità) variegata come i modi di diventare ed essere madri.
I giorni, le settimane, i mesi e gli anni misurano le incognite di un momento che mette ciascuna di fronte alle proprie scelte, paure, speranze, ferite. Elaborate nell’abbraccio acquatico di un dialogo e di un ascolto costante, in cui si riflette la stessa empatia dello sguardo adottato dalla filmmaker.