Trafficante di virus, il film con Anna Foglietta da oggi su Prime Video

La pellicola diretta da Costanza Quatriglio è liberamente ispirata al libro di Ilaria Capua “Io, Trafficante di Virus” edito da Rizzoli

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Dopo la presentazione in anteprima al Torino Film Festival e un’uscita limitata nelle sale il 29, 30 novembre e l’1 dicembre, sbarca su Amazon Prime Video a partire dal 13 dicembre Trafficante di virus, il film diretto da Costanza Quatriglio ispirato al libro della ricercatrice Ilaria Capua.

«Questa non è solo la storia di Ilaria Capua. Il film prende spunto dalla sua vicenda per raccontare una donna che siamo tutte noi». Partendo dal libro scritto dalla virologa italiana (“Io, trafficante di virus”, edito da Rizzoli), la regista Costanza Quatriglio guarda a una storia tutta italiana, e al femminile. Nel film Anna Foglietta interpreta Irene, ricercatrice in un importante istituto zooprofilattico, che affronta epidemie dilaganti tra animali che potrebbero mettere in pericolo anche la salute degli esseri umani. La sua vita cambia quando un’inchiesta giudiziaria la accusa ingiustamente di traffico illecito di virus.

Vi riproponiamo l’intervista alla regista a cura di Giulia Bianconi per Ciak.

Costanza, cosa l’ha colpita di questa storia?
“La possibilità di raccontare una donna di scienza e il modo in cui il nostro Paese tratta l’intelligenza delle persone e la loro visione di futuro. È una storia emblematica sull’Italia degli ultimi vent’anni. Non sapevo nulla delle vicende della Capua. Tra il 1999 e il 2006 lei ha fatto ricerca sui mutamenti di virus animali che arrivano all’uomo, e questi fatti mi hanno colpito alla luce della pandemia dei nostri giorni”.

La scelta di cambiare i nomi è stata fatta per rendere la storia ancora più universale?
“Io credo che ognuna di noi si possa riconoscere in questa vicenda, al di là della questione dello spillover (il passaggio di un virus da una specie a un’altra, ndr) e della difficoltà di una donna di scienza nel farsi rispettare al pari degli uomini. L’immagine iniziale di lei nuda, all’interno del laboratorio, è una metafora significativa: lo scienziato femmina sotto la lente di ingrandimento del mondo che la analizza”.

Se fosse stata un uomo sarebbe andata diversamente?
“In questa vicenda ci sono diversi aspetti, quello giudiziario, quello scientifico e l’invidia professionale. È difficile che un barone universitario a un convegno scientifico faccia un complimento a un uomo per le labbra o la bellezza, come accade a Irene all’inizio del film. Ma le invidie professionali non dipendono dal genere. Invece la vicenda giudiziaria è profondamente italiana, con tutte le sue distorsioni”.

In questo momento storico c’è maggiore attenzione alle storie delle donne, raccontate anche da donne. È un caso?
“Ogni conquista va monitorata per sopravvivere alla moda. Fino a quando si parlerà delle donne e delle concessioni che ci vengono fatte, allora saremo sempre a un passo dal baratro. È un attimo tornare indietro. Non dobbiamo accontentarci di questo momento di passaggio”.

Lei, che fa documentari, aveva bisogno di un’attrice come la Foglietta che trasmettesse al film autenticità?


“Anna ha fatto un lavoro straordinario attingendo a una memoria emotiva, a ciò che può succedere a una donna, non solo di scienza. Ho lavorato con lei e con gli altri valorizzando quelle linee di confine tra realtà e verità che sono essenziali nel racconto. C’è un sentimento del vero, del dolore, d’amore, dentro un contesto che lascia quel grado di ambiguità, dove tutto non si incasella perfettamente. Ci sono zone di non detto, come accade nella vita di tutti noi”.

Si è confrontata con Ilaria Capua? Ha visto il film?
“Le ho parlato molte volte durante la preparazione. È stato fondamentale per capire certe cose di scienza. Il film lo ha visto, ma bisognerebbe chiedere a lei il suo giudizio. Io sono sempre felice e orgogliosa quando le persone che hanno ispirato le storie che racconto abbracciano quei film e ci si riconoscono”.