Tutankhamon: l’ultima mostra, la tomba, la maledizione

Un viaggio nell’antichità per scoprire il faraone più noto e misterioso della Storia. Al cinema il 9, 10 e 11 maggio con la voce narrante di Manuel Agnelli

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La sua vita è durata poco, così come il suo regno, eppure è il faraone più conosciuto della Storia. È il sinonimo di un’epoca, di una civiltà, del “suo” stesso Paese, l’Egitto. Alla sua morte «le ancelle si strapparono i capelli dal dolore e levarono le braccia al cielo». Le commemorazioni furono solenni, ma col passare del tempo il giovane sovrano, morto alla sola età di 19 anni, venne dimenticato. Di lui si persero tracce e ricordo. Almeno fino a quando il 26 novembre 1922 un archeologo ed egittologo britannico, Howard Carter, arrivò nei pressi della sua tomba ed, eseguito un piccolo foro nell’intonaco di copertura di una parete sotterranea, gettoò – dopo oltre 3 mila anni – uno sguardo nella camera sepolcrale.

La meraviglia al cospetto del ricchissimo corredo di oggetti, che dovevano accompagnare e allietare il viaggio eterno, fu grande. La scoperta emozionante: «Fra il profondo silenzio, la pesante lastra si sollevò – annotò sul suo diario l’archeologo -. La luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: l’effige d’oro del giovane re fanciullo». Da quel giorno sono passati 100 anni.

Il film Tutankhamon. L’ultima mostra, diretto da Ernesto Pagano, prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital, e al cinema solo il 9, 10, 11 maggio, ricorda l’incredibile scoperta e ne celebra l’anniversario. Parte da quel 1922 e arriva ai giorni nostri, mostrando in esclusiva lo spostamento di 150 oggetti, rinvenuti nella tomba, per la più grande mostra internazionale sul “golden boy”. L’ultima in assoluto dedicata all’incredibile tesoro perché, dopo l’interruzione del tour a causa della pandemia, il governo egiziano ha deciso che tale patrimonio sarà inamovibile e potrà essere visitato solo nella sua sede al Cairo. Il film entra nel Grand Egyptian Museum di Giza (ancora chiuso al pubblico) e al Museo egizio di piazza Tahrir del Cairo, nel Metropolitan Museum di New York e al Griffith Institute di Oxford. Mostra immagini storiche, filmati d’epoca, la tac eseguita sulla mummia per indagarne la morte e ancora, presenta il lavoro, i rischi e i passaggi più impegnativi dell’organizzazione della mostra. Uno fra tutti? Lo spostamento dell’imponente Statua del Guardiano del Re in legno dipinto e dorato, che non era più stata mossa da quando Carter l’aveva inviata da Luxor al Cairo alla fine degli Anni ’20.

Tanti i personaggi che prendono parte al racconto. Fra loro anche il noto archeologo Zahi Hawass, ministro delle Antichità egizie fino al 2011, e Sandro Vannini, fotografo tra i più prolifici del tesoro di Tutankhamon e l’unico ad aver avuto accesso al tesoro prima della partenza della tournée. A guidare lo spettatore attraverso questo affascinante viaggio nell’antichità è la voce di Manuel Agnelli.

Manuel Agnelli

Il cantante non nasconde l’entusiasmo per il progetto (anche perché da piccolo sognava «di fare l’archeologo»). E su Tutankhamon azzarda un paragone: «È diventato una sorta di rockstar e, come succede alle rockstar, le persone si immaginano di provare le tue emozioni, di conoscere la tua vita». Ancor più se, come nel caso del giovane faraone, resta ancorata a un’antica maledizione e rimane avvolta dal mistero: «È proprio quello che affascina di lui – conclude Agnelli -. Per questo forse è bene che certi aspetti non siano mai svelati. È il mistero che rende Tutankhamon così tanto evocativo e poetico».