Zelensky alla Berlinale 2023, la cerimonia di apertura del Festival tra arte e politica

Nella serata inaugurale del 73° Festival del Cinema di Berlino le star e gli ospiti non hanno voluto dimenticare le tragedie che attualmente affliggono diversi Paesi nel mondo

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Volodymyr Zelenskyy, Berlinale 2023

Mentre prima Anne Hathaway e Kristen Stewart hanno dato il loro contributo in termini di fascino alla cerimonia di apertura della Berlinale 2023, sono stati poi l’intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e quello attore franco-iraniano Golshifteh Farahani a ricordare al pubblico di questa 73esima edizione del Festival del Cinema di Berlino alcune delle tragedie in corso che stanno sconvolgendo il mondo.

Prima della proiezione del film di apertura di quest’anno, She Came to Me di Rebecca Miller, hanno sfilato sul tappeto del Berlinale Palast i protagonisti della serata, tra cui le star Peter Dinklage, Marisa Tomei, Joanna Kulig ed Evan Ellison, con Anne Hathaway avvolta nella rete di un vestito semitrasparente e Kristen Stewart in un candido abito Chanel.

La cerimonia all’interno del Palast ha poi preso però una decisa svolta politica fatta di appelli alla solidarietà con i cineasti dell’Iran, della Turchia e della Siria colpite dal terremoto e dell’Ucraina dilaniata dalla guerra. L’assessore alla cultura Claudia Roth ha sottolineato: “Stiamo aprendo questa Berlinale in un momento buio. È possibile celebrare il cinema in un momento come questo?“. In un certo senso le risponde poco dopo Zelensky.

Sean Penn ha sorpreso il pubblico salendo sul palco per descrivere come è arrivato a realizzare Superpower, il suo film che sarà presentato in anteprima al Festival in cui offre un profilo di Zelensky e della sua leadership in tempo di guerra. Avrebbe essere il “racconto stravagante di un attore comico trasformato il presidente”, ma, dopo l’invasione del 24 febbraio 2022, i suoi piani per il documentario sono cambiati radicalmente. Penn ha poi introdotto l’intervento in diretta streaming del presidente ucraino stesso accolto da una standing ovation.

Secondo Volodymyr Zelensky la “Berlinale ha fatto una scelta“. “Ci sono migliaia di chilometri tra di noi, ma siamo fianco a fianco, non c’è un muro tra di noi“, ha detto il presidente ucraino parlando in diretta video. Citando un classico del cinema tedesco, Il cielo sopra Berlino del 1987, Zelensky ha spiegato: “Wim Wenders ha abbattuto il muro di Berlino due anni prima che questo cadesse… con una città unita da angeli che volano liberamente oltre le mura. Oggi la Russia vuole costruire un muro in Ucraina, tra noi e l’Europa, tra civiltà e tirannia, tra libertà e schiavitù. Ma l’Ucraina resisterà e protegge la stessa Europa”.

Zelensky ha posto poi alcune domande al pubblico della Berlinale: “da che parte dovrebbero stare la cultura e l’arte? L’arte può essere al di fuori della politica? Il cinema dovrebbe essere fuori dalla politica? È una domanda eterna ma oggi è estremamente [pertinente]”.

Nel ringraziare la Berlinale per aver “scelto” di bandire i creativi con legami con la Russia, Zelenskyy ha concluso: “la cultura e il cinema possono essere al di fuori della politica, ma non quando si tratta di una politica di aggressione, crimini di massa, omicidi e terrorismo. Quando si tratta di una politica di guerra totale”.

Uno dei membri della giuria internazionale del Festival di Berlino di quest’anno, l’attore franco-iraniano Golshifteh Farahani, ha poi incoraggiato l’industria cinematografica a sostenere la rivoluzione iraniana. “Questo regime mente e uccide. Hanno messo in prigione persone innocenti – ha detto Farhani – Le prigioni sono come le università; potresti fare la tua tesi lì”.

Farahani ha aggiunto: “Il muro della dittatura è un muro spesso… la rivoluzione in Sud Africa è durata 800 giorni, la nostra solo cinque mesi. Questo muro è un muro di oppressione, che attacca i diritti umani. Abbiamo bisogno di tutti voi. Abbiamo bisogno di Germania, Francia, Europa. Abbiamo bisogno che voi stiate dalla parte giusta e lo riconosciate. Chiamatela rivoluzione”.

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