ALLA RICERCA DI DORY

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Dory, la svampita pesciolina che ha aiutato il protagonista di Alla ricerca di Nemo – il titolo funge anche da richiamo-refrain, in effetti sarebbe stato più pertinente un La ricerca di Dory – si ricorda improvvisamente di avere avuto i genitori, persi addirittura nella lontanissima California. Nonostante si dimentichi in pratica di qualsiasi cosa le si dica dopo una manciata di secondi, parte risoluta a ritrovarli a ogni costo. Marlin e Nemo la aiuteranno e, assieme a loro, un’altra vasca di buffi personaggi di un Centro Oceanografico, tra cui un polpo irritabile, un beluga dal sonar difettoso e uno squalo balena molto miope.

Di ritorno in seno alla Pixar, dopo il passo falso live action di John Carter (peraltro piuttosto simpatico), Andrew Stanton (quello dei meravigliosi WALL-E e Alla ricerca di Nemo, giova ricordare) con l’aiuto di Angus MacLane (alla sua prima regia in un lungometraggio) carica molto del sequel sulle “spalle” di uno dei più simpatici carachters della factory, la smemorata, generosa, petulante Dory. Qualcuno ha persino avanzato l’ipotesi che fosse un’ammalata di Alzheimer. Storia con molti flashback (il che è insolito trattandosi di un cartoon), sulla mancanza della famiglia e sulle peripezie per ritrovarla (cosa invece non del tutto nuova tra le sceneggiature del genere), il film, se nasce dalla necessità “coatta” di dare seguito a un successo globale di oltre 936 milioni di dollari (settimo posto della specifica top ten di tutti i tempi), nondimeno possiede una certa inventiva nella cura dei personaggi, anche se la corsa all’incredibile più incredibile (un polpo che guida il camion alla cieca?) come nei cartoon più dozzinali risulta, per noi pixariani della prima ora, un po’ fastidiosa, quantomeno facilona. I colti apprezzeranno infine la strizzatina d’occhio del tema conduttore: Unforgettable, celeberrimo standard jazz la cui traduzione italiana del titolo è: “indimenticabile”, il che è quantomeno indice di sagace senso dell’umorismo.