Juste la fin du monde Canada/Francia, 2016 Regia Xavier Dolan Interpreti Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Léa Seydoux, Vincent Cassel, Marion Cotillard Distribuzione Lucky Red Durata 1h e 35’
In sala dal 7 dicembre 2016
IL FATTO – A Louis non resta molto tempo da vivere. 34 anni, gay, scrittore affermato, manca da casa da 12 anni e ora ha deciso di tornare, all’improvviso, “per preannunciare agli altri la mia morte con l’illusione di essere padrone di me stesso”. Si prende tutto il giorno per dirlo, aspettando il momento adatto, quello forse meno shockante. E intanto le tensioni montano. Perché i rapporti in famiglia sono resi complicati dai caratteri del fratello maggiore, l’aggressivo e fumantino Antoine e della madre esuberante e invadente.
L’OPINIONE – Da una pièce (di Jean-Luc Lagarde), con un cast importante di star (Baye, Cassel, Cotillard, Seydoux, più il protagonista Gaspard Ulliel). Il 27enne Xavier Dolan in qualche modo irrobustisce i colori della sua tavolozza artistica (anche se aveva già diretto Nathalie Baye nel sorprendente Laurence Anyways e il desiderio di una donna, nel 2012), conservando comunque gli aspetti più peculiari del suo personalissimo cinema, straordinario per sensibilità e inventiva.
In un dramma in interni, più un dialogo in automobile (ma non mancano i suoi flashback all’aria aperta, quasi un marchio di fabbrica, veri clip trascendentali), con l’andamento ritmico della struttura narrativa teatrale che tocca via via l’allegria, la malinconia, l’isteria, la tenerezza e persino una certa suspence “psichica” quasi misteriosa (e momenti di sfogo garantiti per tutti), Dolan si concentra soprattutto sulla tensione tra il maggiore Antoine (superbo Cassel), polemico, sgradevole, eppure in qualche modo intuitivo (“mi piace dimenticare le cose più importanti”) e il protagonista Louis, egocentrico-passivo, sfuggente, quasi un intruso che si riprende la scena dopo tanti anni di volontaria (e colpevole) assenza (“Dai sempre risposte di tre parole. Come nelle cartoline” gli rimprovera, sorridendo ma non tanto, la madre). Mentre un orologio a cucu scandisce il tempo che rimane e anche il desiderio e l’impossibilità della fuga.
Come sempre l’autore (se si ha presente Tom à la ferme e soprattutto il meraviglioso Mommy) si ritaglia stilisticamente momenti magistrali, come quando lavora in montaggio accelerato su dettagli, oppure indugia quell’attimo significativo di più sulle espressioni del viso o del corpo, sui silenzio improvvisi così come su oggetti di tutti i giorni.
Grande Dolan, così cinematografico eppure anche così vivo, impellente, bramoso di autenticità, da non lasciare mai indifferenti o annoiati, anche quando succede apparentemente poco. Beniamino di Cannes, con questo suo nono film ha vinto il Gran Premio della Giuria. Ormai gli manca solo la Palma d’Oro.
Massimo Lastrucci