Hannah, ritratto di donna con la forza di Charlotte Rampling: la recensione

La recensione di Hannah di Andrea Pallaoro, ritratto di donna con Charlotte Rampling premiata a Venezia con la Coppa Volpi

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Hannah di Andrea Pallaoro

Hannah, Italia/ Belgio/ Francia, 2017 Regia Andrea Pallaoro Interpreti Charlotte Rampling, André Wilms, Stéphanie VanVyve, Simon Bisschop, Jean-Michel Balthazar, Fatou Traore, Luca Avallone Distribuzione I Wonder Pictures Durata 1h e 35′

Al cinema dal 15 febbraio 2018

IL FATTO – Il ritratto di una donna e il suo precipitare in una crisi apparentemente senza soluzioni positive. Il marito che finisce in carcere, ignorata dal figlio che evidentemente non ne vuol sapere di loro, costretta persino a liberarsi del cagnolino, Hannah lavora come donna delle pulizie in una splendida villa, dove si prende cura anche di un ragazzino cieco. Ha un solo diversivo, un corso di teatro dove si applica per quanto il suo carattere silenzioso e poco espansivo possa permettere. La sua vita è una disciplinata reiterazione di gesti quotidiani autoimposti senza passione.

L’OPINIONE – Qualcuno, ovviamente scherzando, ha parlato di operazione di stalkeraggio su Charlotte Rampling. Perché in effetti è lì, l’attrice, spiata e inchiodata dalla cinepresa dall’inizio alla fine del film. Andrea Pallaoro (Il suo Medeas fu proiettato a Venezia nella sezione Orizzonti, anno 2013), regista di origine trentina classe 1982, residente da anni negli USA indugia su di lei in lunghe inquadrature, ben oltre la necessità del racconto. Vuole evidentemente trovare una verità nel corpo e nelle espressioni che vadano aldilà del ruolo e del personaggio. Infatti si disinteressa totalmente di concedere allo spettatore attimi di azione o di indicare/spiegare quel che succede. Una donna bussa alla porta: “Sono la madre di Simon, le voglio parlare da madre a madre”, il che suggerisce almeno una chiave alle colpe del marito (André Wilms), ma lei non risponde, si rifiuta quasi di prendere posizione, ogni suo gesto è una assenza, un rifiuto, una passività che è fuga. Inutile che aggiunga di più, lo avete capito, si tratta di cinema ostico e rigoroso, formalmente ineccepibile ed anche elegante, volutamente arty: il giorno in cui il regista verrà a patti con la necessità di comunicare e creare spettacolo, avremo trovato un ottimo narratore per immagini.

Presentato in concorso all’ultima Mostra di Venezia, la performance di Charlotte Rampling non ha lasciato indifferenti i membri della giuria che l’hanno così premiata con la Coppa Volpi per la recitazione. In effetti qui ha fatto persino del suo decadimento fisico (lei icona sexy del cinema dei ’70!) un elemento espressivo in più. Il sospetto che però ci è venuto è che tutto sommato si tratti più di un premio alla “quantità” del lavoro che non al livello della qualità (che pure ovviamente è inattaccabile).