Tra il 2000 e il 2001 la città a città sacra di Mashhad, in Iran, fu sede di una serie di femminicidi operati da un killer che la stampa chiamò “Spider Killer”, le vittime erano prostitute. Il regista iraniano Ali Abbasi (Border – creature di confine, 2018) ripercorre la vicenda in Holy Spider, una delle più interessanti opere finora presentate in Concorso al Festival di Cannes 2022.
Nella città di Mashhad, sede di un importante santuario sciita e meta di pellegrinaggi religiosi, un misterioso killer adesca le prostitute per poi strangolarle e abbandonarne il cadavere. Rahimi (Zar Amir-Ebrahimi), giornalista di Teheran, si reca nella città per indagare sugli omicidi e scopre una rete di superficiale omertà rispetto al fatto di cronaca. Tanto la stampa quanto le forze dell’ordine e i membri della chiesa locale non dimostrano un interesse eccessivo rispetto agli omicidi. Ma Rahimi persevera con ostinazione e grazie ad alcuni errori commessi dal killer riesce ad arrivare al killer.
Ali Abbasi riesce a costruire un thriller che si sviluppa su più piani narrativi. Senza tralasciare il fascino del racconto di cronaca, il regista esplora anche gli aspetti sociali e culturali della vicenda.
Il personaggio del killer, Said Hanai, un operaio edile, padre e marito devoto, è protagonista sia del film che della storia vera. Il suo caso divenne divisivo poiché quella che lui stesso definì la sua crociata, dopo il suo arresto e la sua confessione, trovò l’appoggio di diversi gruppi di fondamentalisti e militanti islamici.
Mehdi Bajestani è l’interprete di Said, composto e al tempo stesso tormentato, apparentemente insospettabile. Abbasi giustamente spoglia il personaggio di ogni morbosità – Said non violenta le sue vittime – e rende il suo caso ancora più ambivalente da certo un punto di vista. Allo stesso tempo i personaggi femminili, dalla moglie del killer, alla giornalista che indaga, alle prostitute, sono tutte donne estremamente diverse, con personalità e stili di vita differenti. Ciò favorisce una visione più ampia della femminilità e della sua irriducibilità ad un unico discorso.
In Holy Spider lo sviluppo del racconto consente una riflessione ampia che riesce ad andare oltre i confini culturali del Paese d’origine. Abbasi riesce a restituire un contenuto dal valore universale anche attraverso la rappresentazione narrativa della situazione estrema in cui le donne sono costrette a vivere e l’ottuso silenzio dei rappresentanti della fede e delle forze dell’ordine di fronte agli omicidi.
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