“IO, DANIEL BLAKE”: IL NOSTRO COLPO DI FULMINE DELLA SETTIMANA

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«Come va il cuore Daniel?» «Ho detto addio alla maratona!». Infartato duro in via di riabilitazione, il quasi sessantenne vedovo e carpentiere Daniel Blake si trova impaniato nell’inferno della burocrazia. In attesa di inoltrare una complicata (non per colpa sua) richiesta di indennità di malattia, l’uomo conosce una madre single con due figli, appena trasferita a Newcastle e in grosse difficoltà. I due si daranno aiuto reciprocamente, in attesa che il sistema amministrativo britannico finalmente si attivi.

Concreto, diretto, veloce. Un micidiale cazzotto di un boxeur si potrebbe definire così, proprio come è il cinema di Ken Loach, un Autore che non ha mai fatto uno sconto sui contenuti ma li ha sempre accompagnati dalla elegante scioltezza dello stile e la compassione partecipata verso i personaggi/persone di cui racconta. «Hai fatto il soldato Dan?» «Ho fatto una cosa più pericolosa, il carpentiere!»: tutto il pensiero di Loach potrebbe sintetizzarsi in questa battuta, del resto una delle tante di un film che scorre agile tra le contraddizioni di una società capitalista contemporanea che non è evidentemente solo quella inglese. Difficile parlare di interpreti nel caso del suo cinema, tanto sembra immediato e autenticamente realista il suo filmare, eppure è così. Il protagonista, Dave Johns, è attivo sulle scene dal 1995, soprattutto in tv, ma questo è il suo primo lungometraggio e se la cava perfettamente; un pochino più scafata dei set cinematografici è invece Hayley Squires (Katie), già vista anche da noi lo scorso anno in Una notte con la regina. Un film che è stato già amato dalla giuria di Cannes (per lui la seconda Palma d’oro, dopo Il vento che accarezza l’erba nel 2006, senza contare quelli della Giuria per Hidden Agenda nel 1990, Piovono pietre nel 1993 e La parte degli angeli nel 2012) e dal pubblico di Locarno e San Sebastian (che lo hanno entrambi valutato il miglior film). Sicuro come l’oro che lo amerete anche voi, proprio come me, perché è di noi che I, Daniel Blake sta parlando.