Soldado, Stefano Sollima gioca pesante nell’action ad alto tasso di suspense

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Sicario: Day of the Soldado Usa/Italia, 2018 Regia Stefano Sollima Interpreti Benicio del Toro, Josh Brolin, Isabela Moner, Jeffrey Donovan, Catherine Keener, Matthew Modine, Jacqueline Torres, Manuel Garcia-Rulfo Distribuzione 01 Durata 2h e 2’

LA STORIA – I cartelli messicani della droga fanno entrare clandestinamente oltre ai consueti poveracci anche terroristi capaci di orrende missioni suicide. Per contrastare l’escalation, gli Stati Uniti ordinano di provocare un conflitto tra i cartelli di Carlos Reyes e dei Matamoros, costi quello che costi, con tutti i mezzi e la segretezza possibile. “Cominciare una guerra rapendo un principe“: l’agente federale Matt Graver e Alejandro, il sicario implacabile dal codice oscuro e personale, sequestrano allora la figlia di Carlos, Isabel, pensando di accendere la miccia che ci vuole.

“Niente regole, solo ordini!”. Si gioca pesante come nel primo capitolo in questo sequel di Sicario che prevede sulla carta un terzo conclusivo episodio. Al posto di Denis Villeneuve, autentico rinnovatore del cinema di genere impegnato (allora) con Arrival e Blade Runner 2049, è stato chiamato l’italiano Sergio Sollima, fresco reduce degli entusiasmanti Gomorra: La serie (2014) e Suburra (2015). Il risultato è piuttosto buono. Se la mano è un po’ spiccia nel tratteggiare messicani e arabi (e c’è chi se n’è lamentato), la cura delle sequenze action è special, da persona che conosce gli ordini e anche le regole. Così la musica ossessiva della compositrice Hildur Guonadòttir costruisce suspense, legando le varie sfaccettature della storia nella medesima atmosfera di sangue senza possibilità di scampo, mentre la fotografia di Darius Wolski (Pirati dei Caraibi, Alien:Covenant) scolpisce ora di luce gli interni come un quadro, ora fa emergere figure nel buio (non solo naturale) della notte del deserto. Li citiamo perché sono esempi di ottimo cinema “commerciale” (e vuole essere un complimento) di costruzione quasi collettiva, con (inevitabili?) clichèes di sceneggiatura (l’invincibilità dell’implacabile Alejandro supera il credibile) ma anche tanto ritmo, tensione, scontri senza pietà (o quasi). E i personaggi sono così machos (Del Toro e Brolin) che regista e sceneggiatore hanno preferito eliminare dalla storia il personaggio di Emily Blunt (l’agente con scrupoli Kate Macer, vedi primo episodio), reputandolo fuorviante, e anche Catherine Keener gira torva con pose militaresche. Consiglio “letterario”: magari dopo leggete anche Il potere del cane e Il cartello di Don Winslow, il mood è lo stesso e anche la violenza.