TFF2018, L’uomo che rubò Banksy: una storia incredibile tra arte, profitto e libertà

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L’UOMO CHE RUBO’ BANKSY

L’uomo che rubò Banksy Regia Marco Proserpio Distribuzione Nexo Digital

L’uomo che rubò Banksy è un documentario di Marco Proserpio, (con la voce narrante di Iggy Pop!) che la Nexo Digital distribuirà nella sale l’11 e il 12 dicembre. Il Torino Film Festival lo proietta in anteprima italiana nella sezione Festa Mobile, dopo la sua anteprima mondiale al Tribeca.

UNA STORIA INCREDIBILE – Premette il film: “Questa è la storia di un tassista, un asino, un mercante di Betlemme e lo street artist più famoso della sua generazione”. In realtà ovviamente non è solo la semplice cronistoria del “furto” (ma si può chiamare così?) di un non piccolo graffito, un asino con un soldato israeliano che gli chiede i documenti, dipinto in origine (2007) sul terribile muro che separa a Betlemme le due comunità. Walid la bestia, un sollevatore di pesi di 135 chili che si mantiene facendo il tassista, sostiene di essere stato lui su commissione a segare la porzione di muro per farla trasportare (4 tonnellate!) per la Scandinavia. Ma questa è solo la partenza, perché le questioni sul tappeto sono tante. Il comune di Betlemme lo considera un furto anche se qualcuno della comunità non lo ha apprezzato, aldilà dell’indubbio spirito di denuncia e indignazione che ha motivato i tanti artisti tra cui Banksy lì convenuti gratis (ovviamente) per la causa: per i palestinesi essere paragonati a un asino è un insulto, nella loro cultura, come provano a ribadire Walid e l’imprenditore Maikel Canawati. Insomma le questioni sul tappeto (anzi sul muro) sono altre e disparate; rimandano più in generale, ad esempio, al rapporto tra arte e sfruttamento commerciale.

BANKSY, LA PRIMULA ROSSA – Ha senso spostare un’opera concepita in quel contesto (oltretutto particolare) per diventare oggetto di mercato del valore di centinaia di migliaia di dollari, patrimonio che solo uno o pochi usufruiranno (come commenta un fotografo: “gli unici che se li possono permettere sono i mega ricchi!”)? È etico che un privato (persona, museo, istituzione) si prenda qualcosa creata senza fini di lucro per interagire con la città? Tra l’altro rimane comunque non totalmente certa la paternità dell’opera; sì perché Banksy è una sorta di primula rossa, interviene con la sua equipe, dipinge su un muro, firma e sparisce, senza mai rivelare la sua identità (si chiamerà così davvero?) e tanto meno i suoi connotati.

ARTE IN MOSTRA – Di certo con queste performance, spesso clamorose e polemiche, è diventato l’artista più importante del suo tempo, uno che ha nobilitato un’arte concepita per essere effimera (ma che con le “estrazioni” dai muri invece, sostengono alcuni, specialmente i mercanti d’arte, verrà sottratta all’oblio del tempo): oltretutto tante sue opere sono esposte in questi giorni a Milano al Mudec, sino al 14 aprile, riscuotendo grandissimo successo. Il videomaker Marco Proserpio, qui al suo debutto nel lungometraggio, parla e filma tutti, raccoglie testimonianze e riflessioni, per un documentario apparentemente che non sceglie tra le opinioni, ma che sicuramente sposa le ragioni della Palestina e quelle della libertà dell’Arte.