Don’t Look Up, una storia all star contro il riscaldamento globale

Intervista al regista premio Oscar Adam Mckay

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Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence in "Don't look up"

“È una metafora sul riscaldamento globale divertente come Il Dottor Stranamore”: così Meryl Streep ha definito Don’t Look Up, la nuova commedia dark, che si tinge di fantascienza, di Adam Mckay in uscita l’8 dicembre in cinema selezionati e dal 24 dicembre su Netflix. Il regista, premiato agli Academy nel 2016 per la sceneggiatura de La Grande Scommessa, anche per questo film si avvale di un cast straordinario che vanta ben cinque premi Oscar.

Don’t Look Up – dice Mckay a Ciak– tratta della crisi climatica, ma parla anche del danno che internet e l’uso dei cellulari nel mondo moderno hanno fatto al modo con cui comunichiamo”.

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Nel film Leonardo DiCaprio è Randall Mindy, un professore universitario di astronomia, che, grazie ad una sua studentessa, Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence), scopre all’interno del sistema solare la presenza di una cometa in rotta di collisione con la Terra. Con l’aiuto del dottor Oglethorpe (Rob Morgan), Kate e Randall hanno solo sei mesi per portare l’umanità a conoscenza dell’imminente catastrofe e impedirla, ma si scontrano con la follia di un mondo che, a cominciare dalla caustica presidente degli Stati Uniti, Orlean (Meryl Streep), si rivela del tutto indifferente alla cosa.

Adam Mckay – ha dichiarato DiCaprio – ha l’abilità senza precedenti di riuscire ad innescare discussioni con umorismo e con storie tempestive. Ha tessuto un messaggio incredibilmente importante e urgente sulla società, su come comunichiamo, sulle nostre attuali priorità e sulla crisi climatica in un film assurdamente divertente”.

Don’t Look Up sviluppa in modo originale e vivace il tema della catastrofe naturale insieme a quello della disastrosa influenza dei social media. Mckay, che di questo film è anche sceneggiatore e produttore, realizza così un’opera provocatoria e intrigante. Lo abbiamo incontrato

Come è nato Don’t Look Up?

Il film riguarda il più grande problema nella storia dell’umanità: la crisi climatica. Lo avevo scritto prima della pandemia, ma oggi sembra ancora più attuale. Questa storia mette in discussione le strutture politiche, i poteri forti, i social media e tutto quello che abbiamo fatto gli uni agli altri: non siamo più in grado di risolvere i problemi e di comunicare.

Come si pone questo film, così ironico e ricco di immaginazione, rispetto ai suoi due precedenti?

Da quando ho realizzato La Grande scommessa e anche Vice il mondo è diventato molto più folle di prima in un modo e con una rapidità che non avrei mai potuto immaginare. Comunque si vogliano definire i tempi in cui viviamo penso che ciò che sorprende è la velocità con cui le cose si stanno muovendo. Guardando a figure come Mark Zuckerberg o Donald Trump dobbiamo ridere perché sono ridicoli.

Don’t Look Up cerca di descrivere il nostro tempo e penso che la risata sia un buon modo per farlo. L’ironia c’era anche in Vice, sebbene fosse un po’ più oscuro, e sicuramente c’era ne La Grande Scommessa, ma a me piace sentire più cose allo stesso tempo. Da un po’ di anni penso che la distinzione dei generi cinematografici non abbia più senso, i film possono essere commedie, ma anche horror e drammi. È la vita stessa che funziona così.

Questa volta il ruolo del presidente degli Stati Uniti è affidato ad una donna, come mai questa scelta?

Negli ultimi due film che ho fatto c’erano tanti uomini bianchi, corrotti e disonesti, questa volta volevo lavorare con differenti tipi di persone e poiché si trattava di finzione potevo esprimermi come volevo.

Tutti possiamo concordare sul fatto che Meryl Streep sia la più grande attrice di sempre. Per il ruolo del presidente serviva un interprete che fosse simpatico, dinamico e di grande presenza, ho immediatamente pensato a lei e ho avuto la grande fortuna che abbia accettato. Non l’ho scelta perché è una donna, l’ho scelta perché è potente, forte e divertente.

E tutti gli altri grandi interpreti come li ha scelti?

Con Leonardo DiCaprio ci eravamo già incontrati in passato ed ero sempre rimasto molto colpito da quanto lui fosse consapevole e appassionato del tema della crisi climatica. Mi era anche molto piaciuto in alcuni dei suoi ruoli passati, in C’era Una Volta A Hollywood e in The Wolf of Wall Street riusciva ad essere divertente ma anche realistico, così ho pensato che fosse perfetto per il ruolo del professore.

Anche con lui sono stato molto fortunato che abbia accettato. Per quanto riguarda Jennifer Lawrence non c’è nessuno migliore di lei nel raccontare verità incendiarie, la amo, mi fa ridere, è credibile e affascinante. In generale sono entusiasta di come il cast è stato messo insieme: Rob Morgan, Cate Blanchett, Mark Rylance, Timothée Chalamet, Jonah Hill, Tyler Perry, Himesh Patel, non avrei potuto immaginare nessun altro interpretare questi ruoli.

Don’t LooK Up avrà un’uscita prima in sala e poi in streaming su Netflix, la quale tempo fa ha anche annunciato il progetto di una sua miniserie con Amy Adams, Kings of America. Cosa pensa del cinema visto in televisione e delle serie Tv?

Sono un grande sostenitore delle sale cinematografiche e riconosco a Netflix il merito di aver capito quanto gli spettatori le amino. L’esperienza della sala e quella della visione a casa sono diverse, ma penso siano entrambe positive. Non ho mai pensato alla possibilità di realizzare questo film sotto forma di serie televisiva, ma ultimamente per qualunque idea di film io abbia comincio a considerare questa opzione.

Una parte di me pensa che forse Vice avrebbe potuto essere una serie. Oggi le miniserie stanno diventando una versione lunga dei film e ce ne sono davvero di molto belle. Per un regista poter fare un film che dura 6, 8, 10 ore è qualcosa di molto eccitante, per questo sto lavorando a diverse idee per delle serie.