Dopo Il terzo tempo, Enrico Maria Artale torna alla Mostra del Cinema di Venezia con El paraíso, presentato nel concorso di Orizzonti. Rispetto al precedente lungometraggio, «un film che mi rappresenta di più» affrontando «una storia più personale», spiega il regista, anche sceneggiatore da uno spunto iniziale del protagonista Edoardo Pesce, ruotante intorno a un uomo che non si riesce ad emancipare dalla figura materna.
Niente di autobiografico comunque, assicura l’attore (specificando di avere un ottimo rapporto con la madre, che «non è lo stereotipo classico della mamma italiana»). Il suo ruolo nel film è quello del quarantenne Julio Cesar, che vive una relazione simbiotica con la genitrice (Margarita Rosa De Francisco), condividendo con lei anche l’attività per uno spacciatore locale. Il rapporto tra i due sarà però messo in crisi dall’arrivo della giovane Ines (Maria Del Rosario).
«Non mi bastava etichettarlo come una relazione disfunzionale, un rapporto morboso», ha affermato il filmmaker a proposito del legame tra i due personaggi principali, in cui voleva anche «ritrovare della bellezza, della poesia». Evitando inoltre una rappresentazione naturalistica, come si evince dal lavoro sull’abitazione di Julio Cesar e sua madre: «È una casa che esiste ma che noi abbiamo completamente ristrutturato, deformato, doveva rappresentare la condizione psichica dei personaggi», spiega Artale.
All’atmosfera del film, che si svolge tra Colombia e Italia, contribuisce inoltre la «mescolanza continua» di lingue voluta dal regista, che ha richiesto un certo impegno al cast: «Per me è stata una sfida tremenda», ha dichiarato De Francisco, che ha studiato a lungo la lingua per prepararsi alla parte. «Io fortunatamente parlo poco nel film, quindi va bene così!», ha detto scherzosamente Pesce. Nel cast anche Gabriel Montesi, secondo cui «la lingua era quello strumento che ci faceva avvicinare ai personaggi».
A proposito di lingua e nazionalità degli interpreti, la presentazione di El paraíso è stata l’occasione per proseguire il dibattito, lanciato proprio al Lido dalle dichiarazioni di Pierfrancesco Favino, sull’opportunità o meno che i personaggi italiani siano affidati a attori americani o comunque di altri Paesi. Secondo Pesce non ci sarebbe nessun problema: «Io ho fatto il palermitano, t’impari il dialetto e vai!».
A produrre il film di Artale (nelle sale distribuito da I Wonder Pictures l’anno prossimo), Carla Altieri e Roberto De Paolis per Young Films (che aveva prodotto il doc del regista Saro) e Matteo Rovere e Andrea Paris per Ascent Film, cui si è unita Rai Cinema. Rovere ha ricordato la collaborazione di Artale alla serie Groenlandia Romulus, sottolineando l’importanza di continuare a investire (anche) sul cinema indipendente e sui giovani autori, in un momento dove «i film italiani stanno ricostruendo un rapporto di empatia con il pubblico, e sappiamo che non è semplice».