Housekeeping for Beginners – Goran Stolevski e Alina Serban raccontano il film Queer Lion a Venezia

A Venezia abbiamo parlato con il regista e la co-protagonista del film presentato nella sezione Orizzonti

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Si parla di famiglia in Housekeeping for Beginners (Domakinstvo za pocetnici), ma non di quella cosiddetta “tradizionale” che qualcuno vorrebbe (ancora) imporre come unico paradigma di affettività ammissibile. Perché la realtà è assai più varia e complessa, e in ciò sta la sua bellezza, come ci ricorda il film del macedone (residente in Australia) Goran Stolevski, vincitore con questo terzo lungometraggio (dopo You Won’t Be Alone e Of An Age) del Queer Lion a Venezia 80, dove è stato presentato in anteprima nella sezione Orizzonti.

Una commedia dolceamara che ricorda, a modo suo, il miglior Ferzan Ozpetek, dove storie, generi, etnie e orientamenti sessuali coesistono nell’unicità dello stesso microcosmo. Con al centro Dita (Annamaria Marinca), che si ritrova a dover fare da madre alla piccola Mia e all’adolescente Vanessa, figlie della sua compagna, quando quest’ultima muore a causa di una malattia.

L’idea del film, ci racconta, Stolevski, nasce quando il cineasta s’imbatte per caso nella fotografia di un amico: «Un ragazzo gay che nel 1978 si era trasferito col suo fidanzato a Melbourne, dove io vivo, e si era stabilito in una casa con otto donne omosessuali. Mi sentivo come se avessi voluto essere in quel tipo di contesto, perché in Australia non mi sono mai sentito a casa, non per colpa dell’Australia ma per colpa mia. Ma qualcosa di quel posto nella foto mi trasmetteva la sensazione di ciò che mi mancava: questa vita piena di persone vicine tra loro, ma anche il senso di sicurezza, di un rifugio».

Qualcosa di più simile all’infanzia del regista: «Sono cresciuto in una famiglia molto larga, con tre generazioni che dormivano nella stessa camera da letto quando ero piccolo, quel senso di moltitudine e di caos per me era normale. In Australia è molto diverso, sei più isolato, con poche persone intorno. Sono fortunato che i miei genitori e mio fratello siano lì, ma ora la mia famiglia sono mio marito e i miei scaffali di libri, e penso che la sensazione di essere con loro sia quello che cerco».

La famiglia, insomma, è (anche, forse soprattutto) quella che ti scegli, e ce lo conferma l’attrice Alina Serban, tra le interpreti del film nel ruolo della compagna di Dita e che, come il suo personaggio, ha dovuto fronteggiare discriminazioni e pregiudizi a causa della sua etnia rom: «Vengo da un ambiente molto povero, sono stata la prima nella mia famiglia ad essermi diplomata al liceo», ricorda, «So cosa significa sognare di avere l’elettricità e l’acqua calda. Da piccola mi chiamavano “il corvo” per via della pelle scura e tutto il resto. Ma credo che quella leonessa di mia madre mi abbia fatto credere in me».

La vicenda personale di Serban la rende particolarmente vicina ai temi toccati dal film: «Ho dovuto fare i conti con la solitudine, con l’abbandono, mio padre è morto per un attacco cardiaco e mia madre a un certo punto è finita in prigione, non avrebbe mai voluto separarsi da me ma le cose nella vita succedono, come per il mio personaggio nel film. E devo dire che io sono ciò che sono oggi grazie ai miei amici: sono la famiglia che ho avuto per molti anni, e sono persone queer, persone nere, sono stati la mia rete di sicurezza. Tra le altre cose, è questa la bellezza del film: mettere una persona queer rom accanto ad altre con background diversi, e semplicemente farli vivere insieme. Che è la normalità, anche se la vediamo ingigantita dal grande schermo. Ed è il bello dell’arte, farti vedere e farti interrogare su cose che potresti non notare nella tua realtà».

E a corroborare in questo senso l’impatto di Housekeeping for Beginners c’è la sorprendente naturalezza che traspare dalle interazioni fra gli interpreti: merito, anche, della forte complicità creata da Stolevski sul set: «Ho fatto 25 corti prima di dedicarmi ai lungometraggi, questo è il mio terzo. Non sono capace di dirigere dicendo a qualcuno cosa fare, non sono il tipo da dire “segui le mie istruzioni” ma quello che domanda “state tutti bene?”. Credo che il punto sia creare delle connessioni con gli altri. Li esorto a passare molto tempo insieme, e incoraggio molto l’improvvisazione. Penso che fosse molto importante per ogni attore avere il proprio spazio: il senso di famiglia doveva instaurarsi fuori dallo schermo prima di accadere dentro lo schermo».