I mille occhi – Anche Olivier Assayas tra gli ospiti del festival

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Si terrà dal 25 al 30 settembre I mille occhi – Festival internazionale del cinema e delle arti, al Teatro Mela di Trieste dal 25 al 28, online il 29 e su Fuori orario (Rai 3) il 30: tra le partecipazioni che vanno ad aggiungersi ai già numerosi invitati ed eventi in programma, quella di Olivier Assayas, acclamato regista francese (tra i suoi film, Irma Vep e Personal Shopper) che introdurrà il film Le moulin des Andes (La fruta mordida, 1945), diretto dal padre Jacques Rémy.

L’appuntamento è parte del lungo omaggio che già dallo scorso anno la manifestazione sta dedicando a Nora Gregor, attrice nata a Gorizia nel 1901 e morta a Santiago del Cile nel 1949: “Una figura unica nella storia del cinema“, afferma il fondatore de I mille occhi Sergio Grmek Germani, “per la complessità della sua vicenda umana intrecciata a un percorso artistico che tocca punte massime (Dreyer, Renoir) e lunghe fasi di incertezza nelle scelte. Con tracce tuttavia appassionanti anche in film minori. La XXII edizione dei Mille occhi le dedica un omaggio, anticipato nell’edizione precedente dalla proiezione di Michaeldi Dreyer e realizzato con la collaborazione del Kinoatelje di Gorizia, che da decenni studia la vicenda della gloriosa concittadina“.

I film dell’omaggio di quest’anno sono La règle du jeu, capolavoro di Jean Renoir (proiettato sia a Trieste che a Gorizia), l’unico film americano dell’attrice But the Flesh Is Weak (1932), diretto da Jack Conway per la MGM e, dal periodo trascorso in America Latina dopo l’invasione nazista della Francia, c’è appunto Le moulin des Andes ovvero La fruta mordida (1945).

Il film lo vedremo nella copia 35mm restaurata per l’occasione dal Centre national du cinéma. “Nella sua presentazione, realizzata appositamente per il festival“, aggiunge Sergio Grmek Germani, “Assayas si confronta con l’avventurosa storia (anche sentimentale) del film che segna la fine della carriera apolide e sfortunata della grande attrice goriziana. Coproduzione franco-cilena di esuli dall’Europa, il film è tra le opere che più recano il segno delle ferite della storia. La fine amara dell’attrice poco dopo il film e il carattere malinconico di questo rivelano ancora una volta il fascino di un’attrice di cui già Dreyer aveva colto, con perfetto ossimoro, un’introversa vitalità“.