James Gray alla Festa del Cinema di Roma, «Sarei dovuto nascere qui»

Il regista di Armageddon Time confessa l'amore per il nostro cinema

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James Gray, Festa del Cinema di Roma

Sembra sinceramente soddisfatto dell’accoglienza ricevuta alla Festa del Cinema di Roma, il protagonista del penultimo incontro con gli Absolute Beginners di questa edizione. James Gray è nella Capitale per accompagnare il suo ultimo Armageddon Time, ma in questa occasione è il suo passato sotto i riflettori, e il suo presente, soprattutto nei racconti personali che regala alla platea, ormai a conoscenza che il film preferito del suo figlio più piccolo è il C’era una volta il West di Sergio Leone e che lo stesso giovanissimo Raphael pare considerarlo un genitore meritevole della rassicurazione: “Papà, io non ti ucciderò mai!“.

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Come d’abitudine si parla del film d’esordio, Little Odessa nel caso del filmmaker di New York, che si mostra particolarmente duro con il sé stesso di allora

Ero stupido. Tanti registi sono stupidi e pieni di sé, ma a tutti piace mettersi in mostra. All’epoca avevo attirato l’attenzione e in diversi mi avevano proposto delle sceneggiatura, ma essendo stupido e arrogante le detestavo tutte, pensavo di saper fare di meglio, e così ho deciso di scrivere la cosa più personale che potevo. Era un periodo di profonda depressione, soprattutto dopo che mia madre era morta per un tumore, quando ho scritto quel film, ma devo dire di esser stato fortunato a essere arrivato dopo Le iene di Quentin Tarantino. Ho iniziato a girare che avevo 23 anni… una follia! Se fossi stato cosciente di quanto poco sapevo, forse non ci avrei nemmeno provato. Pensavo davvero di essere il migliore, che tutto quel che facevo fosse perfetto, quando poi il 5 marzo 1994 sono andato dai montatori ho visto svanire il mio genio. E’ stata una lezione dalla quale il mio ego non si è più ripreso, e abbiamo pensato solo a salvare il film.

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Riuscendoci. Perché c’è voluto tanto per i film successivi?
In parte perché non volevo fare qualcosa che non sentivo di fare. Ho avuto problemi a realizzare un film con un grande budget ed è stato difficile trovare il cast, ma di base ho combattuto a lungo con Harvey Weinstein, che fece di tutto per non farmelo fare. Alla fine ho fatto il mio terzo film, I padroni della notte (2007), realizzando delle sequenze che pensavo sarebbero state eclatanti. Poi son riuscito a lavorare con maggior frequenza, ma prima cercavano di impedirmi di lavorare.

Un grande desiderio di mostrarsi, o di parlare di sé?
Quando mi sveglio al mattino non mi dico ‘sei un genio!’, mi alzo e mia moglie mi dice di togliere i piatti sporchi dal lavandino e di metterli nella lavastoviglie… Analogamente quando lavoro a qualcosa, ormai non è per far vedere quanto sono bravo, ma per raccontare quel che penso della mia vita, della mia famiglia. Ho sempre pensato che in ogni forma d’arte si dovrebbe rivelare qualcosa di se stessi, nel mio caso, anche della mia famiglia.

Un cinema molto personale, nel quale che influenze riconosce?
Il cinema italiano mi ha completamente forgiato. Sono stato ossessionato da Rocco e i suoi fratelli e da tutto il cinema di Visconti. Potrei citarlo a memoria. Mi vengono persino in mente le note di Nino Rota da quel film. Ovviamente anche Chabrol, Godard, Truffaut e il cinema francese, ma il mio amore è iniziato con Fellini, Visconti, De Sica e poi una lista infinita: Rosi, Risi fino a Ettore Scola, Bellocchio, Mario Bava, Lina Wertmuller…

Cosa trovava in quel cinema?
Quei film combinavano il contesto politico-storico con delle storie personali, c’era una onestà emotiva unica. E non solo. Se ripenso alla prima volta che ho visto Pasqualino settebellezze… Non potevo credere alla sequenza di apertura, lo guardavo e cercavo di capire. E ancora oggi è l’unico film a dire che a volte è più degno non sopravvivere. Il contrario del trionfo dello spirito umano che in genere prevale. Non mi viene in mente un’altra opera d’arte con la stessa singolarità.

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Alla Festa del Cinema ci sono tanti ragazzi che sognano la sua carriera…
Essere un artista fa schifo, ma non lo scambierei per nulla al mondo. Significa che sei pronto a sostenere le battaglie quotidiane che comporta. devi credere costantemente in quello che fai. Penso che continuare a lavorare sia l’opzione migliore. Questa è la vita che vi siete scelti, alla fine farete qualcosa che non fanno tutti. E’ un dono, per il quale dovrete soffrire.

James Gray, Festa del Cinema di Roma