ALBERTO SORDI, QUANTO CI MANCHI

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“Sordi non è un mostro: è un uomo semplice e pacifico. Ma è un genio: riesce, per misteriosa intuizione, a rendere con assoluta verità vizi che non ha, sentimenti che non ha mai provato”. Così Rodolfo Sonego, lo sceneggiatore che ha creato i personaggi più famosi di Alberto Sordi, da Un eroe dei nostri tempi a Il vedovo, da Il vigile a Una vita difficile, descriveva l’attore che forse meglio di tutti ha incarnato le piccole viltà e ipocrisie dell’italiano medio. Dopo di lui, nessuno ci è più riuscito così bene: ed è per questo che siamo ancora qui a ricordarlo, in particolare oggi, che avrebbe compiuto 96 anni.

Sordi è nato il 15 giugno del 1920 a Trastevere, in una casa che poi sarebbe stata demolita per lasciare il posto al Palazzo delle Sacre Congregazioni Romane. Alberto è figlio di due insegnanti, un professore di musica e una maestra: non avrebbe mai abbandonato quel sapore piccolo borghese anche poi, abitando con la sorella in una casa ben più lussuosa. Aveva orrore della sciatteria, della cialtroneria, degli aggressivi. Non si è mai sposato e nemmeno agli amici più cari, nemmeno a Sonego che ha scritto film per lui per 30 anni, ha mai spiegato esattamente perché: resta celebre la frase “Sposarmi io? Non mi metterei mai un’estranea in casa!”, ma pare che, scherzando o meno, dicesse anche che non voleva rischiare magari dopo un litigio con l’eventuale consorte di ritrovarsi un ferro da calza piantato nel cuore di notte, dormendo nel talamo nuziale. E chissà quanto scherzava e quanto invece ci credeva davvero.

Non era uno che inseguiva la cultura, non certo un tipo da biblioteca, ma aveva un’istinto ferino per i suoi personaggi, nati molto dall’osservazione. E aveva il coraggio, che pochi altri colleghi hanno avuto sia negli anni della sua carriera che dopo, di incarnare anche tipi umani in qualche modo disdicevoli, non per malvagità ma più spesso per debolezza, disperazione o avidità: come il dottor Guido Tersilli a caccia di mutuati con ogni mezzo in Il medico della mutua, il padre assassino per vendetta del figlio di Un borghese piccolo piccolo, lo scansafatiche di Il vedovo che non riesce neppure a uccidere la moglie. Ma è stato anche simbolo di tanti italiani comuni che, vessati per paura o per senso di obbedienza, in un impeto d’orgoglio si riscattano nel finale, come il sottotenente Innocenzi di Tutti a casa o il voltagabbana Magnozzi di Una vita difficile. Ecco perché rimane unico e forse, ancora, senza eredi di pari coraggio. Buon compleanno, Alberto!