ALLEN: LA TOP 5 DEL GENIALE WOODY

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Aspettando l’arrivo in sala di Irrational Man, con Emma Stone e Joaquin Phoenix, ecco la Top 5 dei migliori film di Woody Allen!

IL DITTATORE DELLO STATO LIBERO DI BANANAS (Bananas, 1971)
Con W.A., Louise Lasser, Carlos Montalban

BananasOvvero: Fiat Woody! Con alle spalle qualche film curioso, due false partenze in superproduzioni (Ciao Pussycat e 007 Casino Royale), più tanta gavetta come intrattenitore tra night e cabaret, fa centro con Bananas, che non solo è uno dei più esilaranti film comici del secondo dopoguerra ma si rivelerà anche seminale per tanti che seguirono (vedi il filone ebraico-demenziale). In forma di comic-strip o sketches, esplode la comicità anti-establishment, ipercritica e a volte lunare di un geniaccio poco atletico ma dal contropiede comico-cosmico micidiale. In un’ora e venti, al ritmo di Quiero una noche, sfottò a pioggia contro l’American Way or Life e la sua politica conservatrice-reazionaria, i deliri dei condottieri rivoluzionari quando prendono il potere («Da oggi in poi la lingua nazionale sarà lo svedese! »), la religione, la tv, la pubblicità, i cliché del cinema di genere, le meschinerie dei sentimenti (l’incostante compagna di Fielding Mellish/Allen è Nancy/Lasser, all’epoca sua fiamma nella realtà, una commistione finzione/privato che il regista riproporrà sovente, vedi Diane Keaton o Mia Farrow) in una mistura tanto arguta quanto spiazzante e innovativa. Studenti, contestatori, intellettuali, democratici e progressisti lo adotteranno d’acchito per non abbandonarlo più e i distributori si affrettarono a recuperare quel che prima avevano trascurato (colpevolmente, almeno nel caso di Prendi i soldi e scappa).

MANHATTAN (1979)
Con W.A., Diane Keatom, Meryl Streep, Mariel Hemingway

ManhattanUlteriore raffinamento lungo la via dello status di Autore, dopo il premiatissimo Io & Annie (1977, che segnava invece il passaggio dal comico alla comedy). Se il bianco e nero snob autorizza a sospettare di una certa propensione all’ambizione, nondimeno il film è un gioiello di equilibrio tra poesia metropolitana (l’esaltazione lirica di New York, con le riflessioni dalla panchina con veduta sul ponte di Brooklyn che toccano i vertici della mitologia cinematografica) e commedia rosa umoristica. Tre le messe a punto utili anche in seguito: la cura della realizzazione, con partner tecnici di valore assoluto (vedi qui la fotografia meravigliosa di Gordon Willis), le musiche per ora evocative (Gershwin eseguito da The Buffalo Fisarmonic) ma più avanti decisamente connotative (non c’è/ci sarà praticamente Allen movie senza hot jazz e swing), sceneggiature filanti e strutturate al servizio di un cast scelto ad hoc. Per The Village Voice «l’unico vero grande film americano degli anni Settanta ».

RADIO DAYS (1987)
Con Seth Green, Josh Mostel, Mia Farrow, Dianne Wiest

Radio daysIl quinquennio fantastico di un regista col tocco di Re Mida (ZeligBroadway Danny RoseLa rosa purpurea del CairoHannah e le sue sorelle), si chiude con un Amarcord nel quartiere ebraico di New York, un Come eravamo in forma di nostalgia delle serate accucciati davanti a un apparecchio radiofonico (la voce narrante in originale è la sua), suddiviso in 200 (!) parti o episodi. Se qualche critico Usa storce il naso («sembra una raccolta di appunti »), in Europa (Italia in prima fila) è adorato incondizionatamente. Delicato, tenero, a suo modo un compendio delle sue “stardust memories”, ma anche una linea di confine. Da qui in poi il suo cinema evolverà/involverà tra tentativi e gioiellini, tra voglia di drammi e ritratti psicologico/psicoanalitici. E la sua resa artistica prenderà un andamento sinusoidale e altalenante. Ma qui agisce soprattutto la magia del ricordo che ogni cosa trasfigura in un clima di tenerezza dolce-amara.

MATCH POINT (2005)
Con Scarlett Johansson, Jonathan Rhys-Meyers, Brian Cox

Match PointWoody a pezzi (anche per scandali familiari) trova rifugio nell’Europa che non ha mai cessato di amarlo. E in Inghilterra ripaga tutti con un noir dalle forti ascendenze letterarie (Allen è un intellettuale che ama il baseball, il noir e il jazz, ma che medita su Una tragedia americana di Dreiser, su Delitto e castigo – citato esplicitamente – di Dostoevski, su Graham Greene e Patricia Highsmith filtrata magari da Hitchcook). Con tali giganti sulle spalle, incredibilmente il film non deraglia, al contrario si bilancia tra suspence e tocchi riflessivi di cinica amoralità. Il New York Times lo definisce «Un cocktail allo champagne corretto con la stricnina ». Presentato fuori concorso a Cannes, sancisce la riscoperta di Allen tra il pubblico più giovane e Hollywood non potrà fare a meno di ricandidarlo agli Oscar, sia pure solo per la sceneggiatura.

SCOOP (2006)
Con Scarlett Johansson, Hugh Jackman, W.A., Ian McShane

ScoopUn personale guilty pleasure a chiudere la carrellata in ordine di classifica (e casualmente anche cronologico). Il secondo film londinese di Woody è un giallo-rosa dichiaratamente debitore ai vecchi film stile Nick e Nora o giù di lì (vedi i sapidi dialoghi tra l’aspirante giornalista/detective Johansson – ottima – e il Mago Splendini/Allen, suo padre putativo nella finzione). In più per l’anziano cineasta è quasi un ritorno alle origini – persino nell’abbigliamento ostentatamente vintage – a quando faceva il battutista nella sua rampante gioventù e molte sono le gag verbali riuscite («Emozione nella mia vita significa una cena senza bruciori di stomaco »). Ritmo, civettuolo cinismo e un tocco di humour sulfureo su una impalcatura leggerissima (che il regista ottiene anche perché, insoddisfatto, molto eliminerà e tagliuzzerà al montaggio).

Massimo Lastrucci