Bryan Cranston al Giffoni Film Festival: «Di “Breaking Bad” non ho mai portato a casa nulla»

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Ha sfiorato l’Oscar grazie al suo Dalton Trumbo nel biopic di Jay Roach, ha raggiunto James Franco sul set di In Dubious Battle, è stato il Walter White di Breaking Bad. Sarà nuovamente sul grande schermo con Untouchable di Neil Burger, remake di Quasi amici, in Last Flag Flyng di Richard Linklater e nel film indipendente Wakefield di Robin Swicord. E tornerà alla regia di un lungometraggio a diciotto anni dal suo film precedente, Last Chance. Bryan Cranston ha conquistato la platea del Festival di Giffoni dove ha incontrato il pubblico, la stampa e i ragazzi delle giurie e dove si è generosamente regalato ai tanti fan felici di ritrovarlo anche in una nuova serie, Sneaky Pete, al fianco di Giovanni Ribisi.

«Il bello del cinema negli ultimi vent’anni è che non è obbligatorio raccontare solo eroi, bensì anche personaggi dalle scelte non condivisibili, ma comprensibili. Del mio Walter White non ho mai portato nulla a casa, alla fine di ogni giornata di lavoro vi avvolgevo la testa e il volto con panni caldi e umidi per liberarmi delle tossine della fatica e di quel personaggio. Ma per prepararmi al ruolo ho lavorato con il preside di una facoltà di chimica e con un consulente sul set, per cui ora sono in grado anche io di fabbricare metanfetamine. A scuola la chimica non la capivo, solo dopo ho realizzato che è alla base della vita stessa», ha detto l’attore. «Ma sono un uomo fortunato – continua – perché posso regalare alla gente una delle cose di cui ha più bisogno: delle storie. Tutti gli esseri umani hanno voglia di ascoltarle e alcuni hanno anche il privilegio di poterle raccontare».

Aveva probabilmente solo due anni quando ha capito che nella sua vita avrebbe recitato, ma si è davvero innamorato del cinema quando da bambino, durante la separazione dei genitori, sfuggiva con il fratello alla difficile situazione familiare per rifugiarsi in mondi immaginari, come quello raccontato in Cat Ballou, il film con Jane Fonda. E sul futuro delle sale cinematografiche commenta: «Spero che i cinema non spariscano. Certo, è molto più facile e conveniente vedere i film a casa, ma l’esperienza non è la stessa. Ma credo che ogni storia abbia il suo medium, Breaking Bad sarebbe un disastro se fosse un film. Alcune storie sono come il vino, richiedono tempo e pazienza, cose ai quali i giovani non sono abituati perché ormai assuefatti alla velocità e alla brevità. La sfida allora è quella di convincere i ragazzi a investire tempo e attenzione sul tuo lavoro».

E a proposito dell’America di Trump aggiunge: «I nazionalismi stanno contagiato il mondo intero, ma è assurdo pensare di poter tornare alla semplicità dei vecchi tempi. Siamo tutti nella stessa barca e dobbiamo condividere ciò che abbiamo con i nostri vicini. Trump è il frutto di una sorta di tempesta perfetta, e ancora non capisco come sia potuto accadere. Per ora non possiamo fare altro che allacciare le cinture di sicurezza e sperare che il viaggio non sia troppo catastrofico».

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