Su Fox Comedy dal 6 novembre alle 23.15
Volendo chiuderlo a forza nei generi, Louie sarebbe una sitcom, ma in realtà è anni luce lontano dall’idea standard di un serie futile con fastidiose risate pre-registrate in sottofondo. Perché qui, più del contenitore conta il contenuto. E il âcontenutoâ si chiama Louis CK (Szekely è il suo vero cognome), stand-up comedian grassottello e quarantaseienne che nel 2010 ha ottenuto il via libero da FX per creare questa serie autobiografica a bassissimo budget, metà girata durante i suoi spettacoli e metà fra le strade di New York, della quale è autore, regista, protagonista e pure montatore. Grazie alla serialità, Louis ha colto l’essenza dell’arte dello stand-up comedian (quelli rari ed eccelsi, alla Lenny Bruce, storico comico statunitense al quale fu dedicato un magnifico film nel 1974 con Dustin Hoffman), che non è tanto, o non solo, divagare a ruota libera e senza rete davanti a un microfono, ma mettere letteralmente il proprio cuore a nudo con comica crudeltà. La struttura di ogni episodio da 20 minuti è più o meno fissa: all’inizio Louie/Louis è in scena e introduce col suo monologo il tema conduttore, poi si esce all’esterno seguendo la vita quotidiana del protagonista e la serie di avvenimenti che hanno dato vita al monologo a cui si ritorna nella chiusura. In realtà, una stagione dopo l’altra (questa che inizia, inevitabilmente a tarda sera, sulla nuova Fox Comedy è la quarta, realizzata dopo una pausa di riflessione di due anni), Louis ha reso la sua serie sempre più anarchica e imprevedibile, mescolando passato e presente e infrangendo ogni regola di continuity, utilizzando tecniche di ripresa da cinema sperimentale, spezzando la logica della comicità con improvvise impennate drammatiche, utilizzando la volgarità e l’invettiva in chiave provocatoria e politica e abbandonando gradualmente ogni realismo per una lettura dell’esistenza sempre più surreale (non a caso grande estimatore della serie è David Lynch, apparso anche nella terza stagione).
In Back, primo episodio di questa quarta stagione, Louie comincia parlando dei suoi 46 anni e finisce interrogandosi su quel che ci aspetta dopo la morte. Lungo la storia ci sono almeno due sequenze tanto irresistibili quanto agghiaccianti: la classica partita serale di poker fra amici in cui si parla a ruota libera di masturbazione e vibratori, e, post âpunizione divinaâ dopo la visita ad un sex shop, l’incontro fra Louie e un medico a dir poco eccentrico che, come unica cura al suo fastidioso mal di schiena, lo invita a camminare a quattro zampe, perché in realtà l’evoluzione non ha funzionato e âc’è un problema di progettazioneâ. Si ride, e molto, con complicità e un sottofondo di disperazione esistenziale, colpisce a fondo e non si fa dimenticare. Da noi, almeno per ora, non ha un gran seguito. Sostenerlo, oltre che un piacere, è quasi un dovere.