SYLVESTER STALLONE: STORIA DI UN LOTTATORE

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«La mia vita è fatta per il 96% di fallimenti e per il 4% di successi, ma Rocky è stato il mio successo più grande, una delle poche cose che mi sono riuscite davvero bene». Parola di Sylvester Gardenzio Stallone, classe 1946, che il 6 luglio compie 70 anni.

Un lottatore tenace e fiero, Sly, che non si è mai arreso anche quando tutto sembrava giocargli contro. «Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida», sosteneva Muhammad Alì e forse solo così si spiega la straordinaria parabola di un ragazzino nato e cresciuto a Hell’s Kitchen, New York, che è diventato una leggenda del cinema. Sylvester è figlio di un barbiere e di un’astrologa. Il contesto familiare non è dei più semplici: la madre ha problemi di alcolismo, il padre è un uomo severo. È lo sport a cambiargli la vita: una borsa di studio gli permette di entrare all’American College dove inizia a recitare negli spettacoli teatrali. Il sogno di Stallone è fare l’attore a costo di mantenersi facendo ogni tipo di lavoro tra cui il parrucchiere, l’inserviente al Central Park Zoo di New York ed il bigliettaio di un cinema. Partecipa a produzioni off-Broadway e scrive sceneggiature usando nomi fittizi, fino a quando non viene ingaggiato nel film porno-soft Italian Stallion, il compenso ammonta a 200 dollari. Nulla per quello che diventerà uno degli attori più pagati di Hollywood.

La sua vera occasione arriva nel 1970. Sly è il protagonista di Rebel – Fuga senza scampo. Seguono altri ruoli minori in Una squillo per l’ispettore Klute di Alan J. Pakula e Il dittatore dello Stato libero di Bananas di Woody Allen. Nel frattempo però continua a presentarsi alle audizioni inclusa quella per Il padrino ma Coppola ha in mente altri interpreti e lo scarta. Un’opportunità persa però non è un buon motivo per arrendersi. Nasce così Rocky. Stallone è lo sceneggiatore e si immagina già nei panni di quello che sarà il pugile più famoso della Storia del cinema. I produttori non lo vogliono come protagonista ma Sly alla fine ha la meglio: nel 1976 sarà è campione di incassi al botteghino e l’unico interprete insieme a Orson Welles, Charlie Chaplin e Roberto Benigni ad essere stato nominato dall’Academy come miglior attore protagonista e per la miglior sceneggiatura originale nello stesso anno e per lo stesso film. Ma creare uno degli eroi più popolari del grande schermo non gli basta.

Sly abbandona seppur temporaneamente i guantoni e l’iconica tuta grigia per dare vita ad un altro personaggio cult. È il 1982 e Rambo, reduce dal Vietnam, si aggira in un’America profondamente cambiata, scoprendo che la guerra è dentro casa. Seguiranno altri ruoli d’azione come in Tango & Cash al fianco di Kurt Russell, oltre che un impegno dietro la macchina da presa da regista per Staying Alive: il sequel de La febbre del Sabato sera che riporta John Travolta ad interpretare Tony Manero, questa volta in una versione decisamente anni ’80 con tanto di scaldamuscoli degni della serie tv più in voga dell’epoca, Saranno Famosi. A dimostrazione che Stallone sa mettersi in gioco andando anche oltre lo stereotipo dell’uomo d’azione tanto da accettare di fare un passo indietro in Creed – Nato per combattere. Sly è ancora Rocky ma ora allena il figlio dell’amico Apollo Creed per insegnare al ragazzo tutto ciò che sa, ovvero, che un vincente si distingue per la capacità che ha di rialzarsi dopo ogni sconfitta. Insomma la filosofia degli ultimi 70 anni di Stallone sempre pronto ad affrontare il prossimo round.