VENEZIA 72: IL CONCORSO DI OGGI CON “SANGUE DEL MIO SANGUE”, “ANOMALISA” E “ABLUKA”

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Logo Ciak In MostraCIAK IN MOSTRA: IL BELLO DI… SANGUE DEL MIO SANGUE, ANOMALISA E ABLUKA

DI MASSIMO LASTRUCCI

SANGUE DEL MIO SANGUE

Sangue del mio sangueLA COSA BELLA DI Sangue del mio sangue è la libertà espressiva. Liberato dalle involuzioni della psicanalisi applicata al cinema, dall’obbligo del significato, dalle pesantezze del contenuto, il cinema di Marco Bellocchio sfavilla e si innalza. Due racconti separati nel tempo, ma riunificati da attori e set come un album di famiglia. Nel primo, seicentesco, una ragazza viene accusata di stregoneria e murata in una prigione-convento, nel secondo lo stesso luogo è al centro di una sospetta compravendita a un russo, sventata da un bizzarro e lugubre aristocratico che vampirescamente girovaga solo di notte, tra nostalgie del passato e schifo del presente. Marco Bellocchio ha mascherato il valore del film annunciandolo come lavoro minore, in realtà ci sembra uno dei suoi vertici, curatissimo nella forma, nella fotografia (che uso delle luci!) e nelle musiche (solo all’inizio un po’ invadenti, poi perfette nella loro ironia), ma anche nella scrittura, elegantemente leggera e appuntita. Dicevamo: magnifico, sulfureo, enigmatico, “comico” persino, che ricorda certe digressioni a mano libera del Buñuel più maturo.

ANOMALISA

AnomalisaLA COSA BELLA DI Anomalisa è la capacità di commuovere. Con l’uso di pupazzetti in stop motion, Charlie Kaufman (grande sceneggiatore di Se mi lasci ti cancello, un po’ meno come regista di Synecdoche, New York) e Duke Johnson (tanta tv USA) “confezionano” una grande storia d’amore (innanzitutto), matura e realistica (c’è la scena di sesso più vera che si sia vista sullo schermo da un po’ di tempo a questa parte), che è contemporaneamente anche una lucida denuncia dell’alienazione dell’americano medio (ovvero l’uomo occidentale in generale) e un ovattato horror metafisico. E quando Lisa, l’unico personaggio che parla con voce femminile e autonoma (e c’è il suo bel motivo) canticchia per il protagonista, il grigio ed esaurito Michael Stone, Girls Just Want to Have Fun di Cindy Lauper, è così commovente che in sala è partito, irrefrenabile e spontaneo, l’applauso. Un dramma contemporaneo in forma di cartone animato. Sorprendente e ammirevole.

ABLUKA 

AblukaLA COSA BELLA DI Abluka è l’uso del sonoro. Squilli telefonici ossessivi, guaiti, boati, bombe, orgasmi femminili, trilli, ringhi: spesso fuori scena, i rumori incombono e ottundono gli spazi e la mente dei protagonisti. In una Istanbul devastata da attentati terroristici diffusi, a Kadir viene offerta la possibilità di lavorare in incognito per la polizia nonostante abbia ancora due anni di carcere da scontare. Rovistando tra i rifiuti e le pattumiere, deve scoprire tracce di possibili criminali. Suo fratello, intanto, uccide per mestiere i cani randagi, già devastato nella psiche anche dalla scomparsa della moglie. Parte lento Abluka (che significa follia) di Emin Alper – un po’ come altri bei film turchi che abbiamo imparato a stimare e amare – ma poi mescola il soggettivo dei protagonisti con lo spettacolo notturno di una metropoli in stato di guerra, in cui interi quartieri sembrano in rivolta, e si dilata in un incubo senza logiche, implacabile trappola nei confronti di protagonisti senza qualità, quasi un film dei Coen imbarbarito e povero.

Massimo Lastrucci