VENEZIA 72: LO STRAVAGANTE CINEMA DI NOAH BAUMBACH

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Logo Ciak In MostraCIAK IN MOSTRA: NOAH BAUMBACH A VENEZIA 72 CON DE PALMA

 

L’estroso, poliedrico, colorato, incollocabile regista Noah Baumbach dirige, insieme a Jake Paltrow, il documentario De Palma, presentato oggi alla Mostra di Venezia in occasione del premio Jaeger-Lecoultre assegnato al regista de Gli Intoccabili.

De Palma
De Palma

Ci sono registi e registi. Quelli coerenti (e un filo testardi) fino in fondo, quelli a cui piace sperimentare e sbagliare, quelli che non sbagliano un botteghino e quelli che si cospargano di stelline a mo’ di generale cubano. E poi c’è Noah Baumbach, uno di quelli che rifiuta le categorie e, come si sul dire, eccelle senza mai accelerare, restando sé stesso, sempre e comunque, quando dirige o scrive i suoi film. Ha la scorza tosta del newyorkese, ma ha il cuore docile di quelli che vengono dalle ”casette basse” di Brooklyn. Insomma, Baumbach, classe 1969, non porta addosso etichette o generi di alcun tipo; è polivalente, doppio, triplo, quadruplo, tanto da mettersi dietro la macchina da presa per dirigere, insieme a Jake Paltrow, un docu-film su di un autore lontano anni luce, per tematiche e stile, dal suo tocco registico: Brian De Palma. Parliamo del documentario De Palma, presentato oggi alla Mostra di Venezia, in occasione del prestigioso riconoscimento Jaeger-Lecoultre Glory To The Filmmaker Award, che andrà, per l’appunto, al regista de Gli Intoccabili e Mission: Impossible, poco prima della proiezione Fuori Concorso.

Dunque, perché Baumbach (senza scordarsi, naturalmente, di Jake Paltrow, simbolo del nuovo cinema indie americano) a dirigere il documentario? Semplicemente perché Noah Baumbach, che viene da Brooklyn, è innamorato del cinema, in qualunque sua forma, e Brian De Palma è una grossa, succulenta fetta di cinema. Insomma nei film, nelle storie, nelle sceneggiature dello scapigliato Noah Baumbach, fin dagli esordi, viene fuori tutto l’amore che prova per la narrazione e per la Settima Arte in generale: l’esordio fulminante nel 1995 con Scalciando e Strillando (sceneggiatura e regia) – Newsweek per il film l’ha incoronato come una delle ”10 nuove facce del 1996” – e, soprattutto, tre anni dopo Mr. Jealousy e Highball (entrambi usciti nel 1997 ma per Highball, dopo averlo rinnegato, si è accreditato come Ernie Fusco per la regia e Jesse Carter per la sceneggiatura), si è calato nei colori saturi e brillanti di Wes Anderson scrivendo, insieme a lui, il cult Le avventure acquatiche di Steve Zizou.

Il calamaro e la balena
Il calamaro e la balena

Dieci anni, tre film da regista e sceneggiatore (anzi, due e mezzo) e uno da co-autore, tutti completamente diversi tra loro. E non finisce qui perché il bello deve ancora arrivare. Baumbach, dicevamo innamorato del cinema, dal 2005 al 2010 matura definitivamente, dirigendo prima il bellissimo Il calamaro e la balena, candidato all’Oscar come Miglior Sceneggiatura Originale e ambientato nella sua Brooklyn, poi girando Il matrimonio di mia morella (nel cast anche la moglie Jennifer Jason Leigh, oltre Nicole Kidman, Jack Black e John Turturro) e finendo, dopo aver scritto Le avventure di Mr. Fox nuovamente insieme ad Anderson, con Lo stravagante mondo di Greenberg, commedia agro-dolce con Ben Stiller. Quattro perle imperfette e rare, uniche nel loro genere ed estremamente lievi, in pieno stile Baumbach. Qualora ne avesse davvero uno. Commedie, drammi tinteggiati, animazione, humour, azione, musica. Baumbach è una spugna imbevuta di cinema, che strizza, lasciando gli spettatori senza fiato, in Frances Ha. Nel film, uscito nel 2012 e scritto insieme a Greta Gerwing, c’è un Baumbach che eleva tutti i suoi elementi (New York e le sue contraddizioni, il rock, l’amore, l’amicizia, il futuro) per racchiuderli poi in un bianco e nero ad effetto, magico e fiabesco. Quindi, viene fuori in modo dirompente l’estroso cinema del filmmaker newyorkese, capace (anche) di metter mano e scrivere, con un ottimo risultato, il terzo (e guarda caso più riuscito) capitolo di Madagascar, Madagascar 3 – Ricercati in Europa.

Frances Ha
Frances Ha

E ora? Come può evolversi un regista che in una ventina di titoli, sia diretti sia scritti, è riuscito a lambire, senza farle mai tremare, tutte le corde dell’animo umano? Continuando a inventare, a toccare, a scrivere, a spaziare, come nel caso del bel Giovani si diventa, ancora una volta con Ben Stiller e incentrato sui bivi della mezza età, oppure con Mistress America (inedita in Italia), interpretata e scritto da Greta Gewing. Poco importa, quindi, se non si percorre una strada già esplorata: il cinema così come il mondo, devono essere osservati con occhio sempre nuovo e curioso, pronto a raccontarli e colorarli senza una copia originale, ma seguendo l’istinto e il cuore, l’emozione e il momento. Proprio com Noah Baumbach che viene da Brooklyn.

Damiano Panattoni