DI STEFANO LUSARDI
Federico Greco ha scritto e diretto sia film documentari, contrassegnati da una raffinata cinefilia e da una forte impronta critico-sociale, che film di finzione, che utilizzano il genere horror come metafora sociale e politic. Spread Zero, web serie in tre puntate, vincitrice al Roma Web Fest per miglior soggetto e sceneggiatura, nasce da uno dei corsi che il regista tiene alla scuola CineTeatro di Roma
La mattina del 30 giugno è certamente la peggiore nella vita di Giacomo Drago (Marco Mabritto). Perché ha appena compiuto 18 anni e piomba a peso morto nella vita vera. Si risveglia in casa da solo, mamma e papà gli telefonano dall’aeroporto, in partenza per Honolulu, per annunciargli lo sfratto («Sei diventato grande, devi cavartela da solo. Le chiavi lasciale al portiere »), poi alla porta bussa rabbiosa la sua (ex) ragazza che lo pianta in tronco con un «Ti pare che dovevo venire a saperlo da Facebook? ». Ma cos’è successo di così terribile, che quando Giacomo cerca una sistemazione temporanea, in attesa di trovare casa, amici e parenti, appena sentono la sua voce, troncano la conversazione telefonica? Che in questo mondo – parallelo al nostro, ma non così diverso, almeno metaforicamente – la maggiore età significa ricevere a casa un lettera che contiene il proprio spread individuale. E quello di Giacomo è un vero disastro, 531, anni luce lontano da quello della star del momento, Spread Zero (Antonio Bilo Canella), modello ideale dell’uomo senza âmacchieâ economiche, che si è fatto largo nella vita e guadagna ben 1500 euro al mese.
Spread Zero, composta (per ora) di tre puntate, che somigliano a un gustoso antipasto che stimola l’appetito, è una web serie anomala, realizzata con uno spirito da cultura classica, quella che prevede un rapporto fra maestro e discepolo. Federico Greco è uno sceneggiatore/regista indipendente e piuttosto eclettico, che ha debuttato come co-autore a fine Anni Novanta con uno splendido documentario, Stanley and Us, e poi ha coltivato soprattutto il cinema horror (E.N.D. The Movie, la sua opera più recente sta per uscire, ma solo sul mercato statunitense). Abitualmente tiene corsi di cinema, anche alla scuola CineTeatro di Roma. Spread Zero nasce appunto dal più recente di questi suoi corsi, che partono dalla teoria e approdano alla realizzazione pratica. Greco è stato perciò il coordinatore, supervisore e la guida artistica della serie, scritta e diretta da tre allievi under 25: Marco Giganti, Luigi Nappa e Paolo Scattarelli. L’idea è particolarmente brillante – non a caso ha vinto al Roma Web Fest il premio per miglior soggetto e sceneggiatura – perché riesce a coniugare una forte critica sociale, la dittatura dell’economia come unico metro di giudizio politico ed esistenziale, ad un elemento narrativo molto utilizzato sia nella letteratura che nel cinema fantascientifico, quello della realtà distopica. E in soli tre episodi non solo riesce a mettere le basi di un universo ossessivo ed angosciante, ma anche a suggerire una via di fuga. Una rivoluzione umanistica, che parte da un oggetto analogico e anti-economico: il libro. Non solo da leggere, ma anche da amare per il profumo della sua carta e il peso specifico delle sue pagine, opposto a quello evanescente e imprigionante dello spread.
INTERVISTA A FEDERICO GRECO
Regista e sceneggiatore (anche giornalista e critico cinematografico, direttore di festival, docente di regia e sceneggiatura), Federico Greco (Roma, 1969) ha debuttato nel 1999 con il documentario Stanley and Us, co-sceneggiato e co-diretto con Mauro Di Flaviano e Stefano Landini, presentato in diversi festival internazionali e distribuito in tutto il mondo. Successivamente ha scritto e diretto sia film documentari, contrassegnati da una raffinata cinefilia e da una forte impronta critico-sociale, che film di finzione, che utilizzano il genere horror come metafora sociale e politica, alternanando opere âin solitariaâ ad altre realizzate in collaborazione con altri autori. Fra i documentari vanno almeno ricordati: Ambiguità e disincanto (2002) sul cinema di Emidio Greco (nessuna parentela, ndr.); Fuori fuoco (2004), sulle BR e in stretto rapporto con Buongiorno notte di Bellocchio e Voci migranti (2010), che racconta la storia di quattro immigrati. Debutta invece nella fiction nel 2005 con il mockumentary Il mistero di Lovecraft – Road to L., premiato al Fantafestival, seguito dai corti Liver (2007), Nuit Americhén (2013, horror satirico con Regina Orioli e Gianmarco Tognazzi) e Angelika (2014). Dopo la webserie Spread Zero, ora esce, per il momento solo mercato americano, la sua opera più recente, E.N.D. – The Movie, suo primo zombie-movie in tre parti co-diretto con Domiziano Cristopharo.
Prima di affrontare la tua storia personale di autore, partirei da Spread Zero, che è una web-serie atipica, visto che nasce da un percorso didattico. Quanto sei stato guida e docente, e quanto co-autore della serie?
Il corso prevede un primo momento di teoria e di selezione, ovvero sono presenti dieci studenti fra i quali vengono selezionati i tre che partecipano alla seconda fase, quella pratica e operativa che porta alla realizzazione di un progetto. In questo caso l’idea è nata da uno dei tre studenti, Marco Giganti, poi, dal punto di vista pratico, Giganti, Luigi Nappa e Paolo Scattarelli hanno diretto un episodio a testa. Dal punto di vista formale dei credit, io firmo Spread Zero, di cui per altro abbiamo già scritto il soggetto di una seconda stagione (dopo il premio al Roma Web Fest, speriamo di trovare qualche produttore interessato), come supervisore. La realtà è stata ovviamente più complessa e più interessante, perché la mia funzione è quella di docente, ma resto sempre un autore. Per cui diciamo che ho fatto una supervisione molto âstringenteâ, stimolando i tre allievi non solo dal punto di vista dell’immagine cinematografica – ai corsi mostro sempre i miei autori fondamentali, da Kubrick a Lynch, da Petri a Leone e Van Dormael – ma anche rispetto ai contenuti, perché mi occupo di macroeconomia, sto realizzando un documentario su questo tema, e anche Spread Zero è fantascienza distopica legata all’economia. Però, allo stesso tempo, quando insegno non dimentico mai il mio apprendistato: ho iniziato a 18 anni come operatore cine-televisivo, ma ho imparato con la pratica, senza corsi di regia, con l’idea di salvare il mio gusto personale. Per cui, offro strumenti di conoscenza, ma raccomando sempre di seguire se stessi.
Direi che la tua âauto-educazioneâ cinematografica ha dato un frutto interessante. Prima con Stanley and Us, poi con Il mistero Lovecraft, ha anticipato una tendenza successiva: quella di utilizzare il documentario non come una forma oggettiva ma in funzione narrativa, nel primo come ricerca cinefilo-esistenziale, nell’altro come âfalsificazioneâ letteraria.
Stanley and Us ha significato tre anni di vita e di lavoro, una lunga ricerca e infine una grande soddisfazione, perché è stato presentato in diversi festival ed è stato visto in tutto il mondo grazie alla distribuzione di RAI Trade. Ma soprattutto è stato una scoperta: rendersi conto che, più delle interviste, la cosa più interessante era raccontare la ricerca stessa. Il mistero di Lovecraft ha rappresentato un’evoluzione di questo concetto. Ho sempre amato questo scrittore, ma i film tratti dalle sue opere non hanno mai funzionato, perché i suoi mostri sono in realtà dei mostri della mente, delle metafore, e se ti limiti a metterli in scena perdono di senso. Così ho cercato una strada alternativa, utilizzando come modello ideale un film che ho sempre amato: Cannibal Holocaust di Deodato. Il mistero di Lovercraft rappresenta la mia idea di film horror: niente mostri, niente splatter, non qualcosa tratto da una sua opera, ma che racconta la sua scrittura, il suo modo di creare paura, che in questo caso deriva dalla continua incertezza, dal non sapere cosa è vero e cosa è finzione, creando suspence continuando a differire la risposta, come insegnava il grande Hitchcock. C’è però una differenza sostanziale con la suspance di Hitchcock. La sua è narrativa (“chi è l’assassino?”), nel caso del mockumentary è linguistica: è questa la domanda cui non si riesce a dare una risposta se il mockumentary funziona: “cosa sto vedendo? una fotografia della realtà oppure una ricostruzione della stessa?” Infatti l’altro grande riferimento è The Wild Blue Yonder di Herzog.
All’horror hai continuato e continui a dedicarti. Perché ami questo genere?
Un po’ perché si addice alla mia personalità. Sono un cinico pessimista, dal punto di vista narrativo intendo, perché nella vita sono in realtà un incorreggibile ottimista. Per me l’horror non è mai fine a se stesso, rappresenta una specie di grimaldello per raccontare quello che mi interessa veramente. Questo vale, tanto per farti un esempio, per Nuit Americhén, che ha una forma horror, ma in realtà è una satira su certi filmmaker indipendenti che praticano lo splatter gratuito. E vale, naturalmente, anche per il mio nuovo E.N.D. – The Movie.
Questa volta esplori un sottogenere di gran modo, quello degli zombie. Ho notato, nella tua filmografia, che il film è l’evoluzione di un corto precedente. Che rapporto c’è fra le due opere?
E.N.D. è un corto che risale al 2010, scritto e diretto insieme a due miei ex allievi, Luca Alessandro e Allegra Bernardoni, ed era ipoteticamente il pilot di una serie. Come Spread Zero è il frutto di un corso che ho tenuto a CineTeatro. Il corto, nato dall’idea di uno studente, è molto comico ed è ambientato in un luogo insolito: un’agenzia di pompe funebri. La cosa si è evoluta ed ora il film è composto di tre parti: oltre al corto, una seconda scritta e diretta da Domiziano Cristopharo e una finale scritta e diretta da me. E.N.D. – The Movie, che sta per uscire negli Usa direttamente in dvd, utilizza l’archetipo zombie per parlare di evoluzione e riflette la mia passione per Nietzsche, in particolare per Così parlò Zarathustra. La frase di lancio recita con sardonica ironia: «Dopo l’epidemia, molti si sono salvati, altri sono rimasti umani ».
Nuovi progetti?
Torno al documentario e alla macroeconomia con Piigs, che prende il titolo da un acronimo dispregiativo, usato per indicare i paesi europei (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) cui si imputa un presunto problema di debito pubblico. Fra le varie persone intervistate c’è anche la voce sempre contro di Noam Chomsky. Credo che alla fine farà molta più paura di un film sugli zombie.