Tanto atteso prima, quanto discusso in questi giorni, è finalmente al cinema – dal 20 luglio, distribuito da Warner Bros. – il Barbie di Greta Gerwig che nei giorni scorsi lo stesso Tom Cruise aveva entusiasticamente presentato. Non aspettatevi i camei di Timothée Chalamet e Saoirse Ronan (ce ne saranno altri), dei quali aveva parlato la stessa regista, ma preparatevi a uno spettacolo colorato e sorprendente tra due mondi e alla doppia performance di Margot Robbie e Ryan Gosling.
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Barbie, il fatto
Quando l’idea della morte comincia a ossessionarla, i piedi le diventano piatti, l’acqua della doccia bollente e la colazione disgustosa, Barbie toglie i tacchi, abbandona Barbieland e si avventura nel mondo reale per scoprire l’origine del suo malessere. Ken decide di accompagnarla scoprendo il patriarcato oltre i confini di una terra dove gli uomini sono accessori meno necessari di scarpe e borse. Al suo ritorno a casa spargerà mascolinità tossica come un virus trasformando le Barbie in oggetti decorativi. Ma la sua rivoluzione è destinata a fallire.
Barbie, l’opinione
Mettiamo subito le cose in chiaro: le tre stelle di questa recensione sono tutte per Margot Robbie, mostro di bellezza e bravura, per Ryan Gosling, che al gran talento aggiunge il coraggio e l’ironia necessarie a calarsi in un personaggio così rischioso, e per la festa che il film offre agli occhi dello spettatore. Ma non possiamo fare a meno di ammettere che Barbie ci ha deluso.
Le ottime idee non mancano, come quella di incrociare il disagio personale di Barbie “stereotipo”, che scopre l’autodeterminazione come liberazione dalla prigionia della perfezione, con la frustrazione dei poveri Ken, socialmente reietti in una Barbieland tutta rosa e umiliati da donne che possono accedere a qualunque carriera, occupare tuttele posizioni di comando. Perché se Barbie può essere ciò che vuole, Ken è solo Ken.
Esattamente il contrario di ciò che accade nel mondo reale, dove le bambole più iconiche della storia sono considerate fasciste e antifemministe e dove i dirigenti d’azienda sono tutti uomini, persino alla Mattel. Forse Greta Gerwig, che ha diretto il film scritto con il compagno Noah Baumbach avrebbe dovuto optare per un musical, che qui e là si affaccia nella storia con ottimi risultati.
Invece lo script punta tutto su dialoghi lunghi e spesso predicatori, che appesantiscono la narrazione e trasformano Barbie in un film verboso, dove tutto è spiegato, rispiegato, sottolineato, chiarito e nuovamente riaffermato, non sempre costante nel ritmo e incerto sul pubblico a cui rivolgersi. Per non parlare di alcune soluzioni narrative non all’altezza delle ambizioni del film.
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Gli altri film diretti dalla Gerwing, come Lady Bird e Piccole donne.