CIAK A SANREMO: I MIGLIORI (E IL PEGGIORE) DELLA PRIMA SERATA

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  • Matilda De Angelis: 8

Da sempre il Festival chiede in prestito al cinema i suoi eroi per aggiungere glamour a un evento che vive di non normalità. E lei ci mette il tempo di un’uscita a smaltire l’emozione e trasformare l’imbarazzo in energia. Già dalla seconda apparizione, sveste i panni cartonati della femme fatale internazionale “che ha girato a Hollywood e chatta con Hugh Grant” per calarsi nei suoi: moderna bellezza emiliana, miscela di charme e sfrontatezza, piccole goffaggini e sorrisi (naturalmente) seducenti. E allora “buca’’, mostrando di avere cervello e personalità.  Talento e incoscienza.

 

  • Zlatan Ibrahimovic: 7,5

Chi avrebbe scommesso un soldo sulla “tenuta’’ sul palco dell’Ariston del gladiatore di tanti stadi? E invece, il personaggio dell’arrogante (ma poi neanche troppo) maschio Alfa in grado di stare su quella ribalta da leader e giocare con i vari ingredienti del festival l’ha saputo interpretare fino in fondo. Rivendicando anche (nella scelta dei vari jingle di entrata) le sue origini serbe e sapendo giocare (senza mai esagerare) a fare il “boss” del direttore artistico Amadeus, la ‘’spalla’’ di Fiorello e il fratello maggiore di Matilda. Misura e carisma.

  • Loredana Bertè: 8

È vero che le vogliamo bene come a una zia scapestrata ed eccentrica che, superata la soglia dei 70 anni, non si arrende all’eccesso. Ma ancora una volta, quando inizia a cantare viaggiando in 5 decenni di (sua e nostra) vita fatta di momenti esaltanti e cadute clamorose, dolori, timori, rilanci, sconfitte, accade una piccola magia: è come se su quel palco arrivasse davvero la realtà del campare, persino la disperazione, e la forza di non nascondersi, di andare avanti provando a rimanere non così distanti dai sogni che avevamo, anche se non si avverano. E quei capelli blu, quelle labbra rosa shocking così fuori posto su quel viso non più giovane quando la musica non suona, aiutano quella voce ferita, non più limpida ma sempre straordinaria a raccontare, a riguardarci, a toccarci. E ad emozionarci sul serio. Il momento più bello.

  • L’infermiera anticovid divenuta star: 9

Nel mondo ormai afflitto da una sorta di fame chimica di storie e volti da buttare nel tritacarne delle condivisioni, senza che importi davvero da dove vengano, Alessia Bonari,  24 anni, toscana, infermiera a Milano, si è ritrovata ad avere (suo malgrado) un ruolo importante nell’ultimo anno: il suo selfie da infermiera anticovid esausta dopo l’ennesimo turno massacrante in ospedale, con sul viso (stravolto) i segni della mascherina, da lei inviato a pochi amici, ha iniziato a girare, diventando il simbolo di un’Italia che aveva bisogno di sperare di resistere. Per questo l’hanno voluta all’Ariston, vestita per una volta da sera, nel ruolo che rischiava di essere quello di una Cenerentola invitata al gran ballo. Ma lei, pur divertita ed emozionata, non si è fatta sedurre dalla presunta fiaba, rimanendo esattamente ciò che le piace essere. E con parole semplici (e quindi credibili) e il bel sorriso pulito, ha raccontato la quotidianità di tante persone come lei, che somiglia ad eroismo. Ricordandoci tra le righe che quel mondo normale è il suo, il nostro, quello vero. E che vale la pena. Altro che Cenerentola.

 

  • Fiorello: 10

Ok che è un protagonista da 30 anni e un mattatore da 20, ok che il ruolo di battitore libero gli si confà e che di esperienza ne ha tanta. Ma fateci caso: lui sa sempre dove si trova, quanti anni ha e come portarli, quale è il mood del momento, sul palco e a casa e come alleggerire senza andare fuori tema o fuori dal tempo. Chiamate qualcun altro a gestire un teatro senza pubblico, un clima in cui si deve scherzare, presentare, persino cantare e ballare senza far finta che il momento non sia assurdamente difficile, in cui vanno valorizzati ospiti e canzoni senza sprecare aggettivi e iperboli, come fanno spesso gli altri. E vedrete che prima o poi la sbavatura scappa anche ai più bravi. A lui, invece, no. E ieri sera, ancora una volta, ha camminato 10 metri avanti a tutti noi raccontandoci. E facendoci sentire come lui. Gigantesco.

 

  • Achille Lauro: 4

Il ragazzo ha talento, e prometteva di essere il vero volto nuovo della nostra canzone. Ma poi qualcosa deve essersi inceppato, e questa svolta visual gurureggiante del giovane musicista della periferia di Roma lo sta sformando in una sorta di mestierante dell’eccesso invecchiato anzitempo, più Renato Zero che David Bowie. Però quando Zero si vestiva di piume, aveva cose da dire. E volenti o nolenti, stavamo tutti ad ascoltarlo. Proprio come l’Achille Lauro di due o tre anni fa. Un avvenire dietro le spalle? Speriamo di no.  

Lorenzo Fiamingo