Cinema, l’obbligo di uscita in sala per i film scatena la protesta

L'ANEC si scaglia contro il nuovo decreto del Ministro Franceschini.

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Dario Franceschini
Dario Franceschini

Appena firmato dal Ministro Franceschini, il nuovo “decreto finestre” è già al centro di uno scontro molto acceso. In esso si prevede il ritorno dell’obbligo di uscita in sala per i film realizzati con i contributi dello Stato, e la possibilità degli stessi di essere trasmessi in televisione e sulle piattaforme di streaming solo dopo trenta giorni dalla loro proiezione al cinema.

Dopo la chiusura delle sale, causa Covid, tale condizione era stata congelata per permettere a molti film di avere una qualche distribuzione, ma ora… “In questa fase di ripartenza è fondamentale sostenere le sale cinematografiche e allo stesso tempo riequilibrare le regole per evitare che il cinema italiano sia penalizzato rispetto a quello internazionale”, la motivazione ufficiale. Che ha scatenato le reazioni indignate e le proteste proprio dell’Associazione Nazionale degli Esercenti Cinema.

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“Si tratta di un provvedimento che intende porre un equilibrio fra i film italiani e quelli internazionali – sono state le parole del presidente dell’ANEC Mario Lorini, – dimenticando però che in sala sono pianificati, per i primi mesi e salvo occasionali eccezioni, solo film di produzione straniera mentre i titoli nazionali, sostenuti con ingenti investimenti del Ministero, si concentrano con l’uscita in sala in pochi mesi l’anno”.

“Gli esercenti stanno riaprendo le sale nonostante le difficoltà e i risultati arrivano, il pubblico risponde così come lo ha fatto a fine agosto e settembre con i film di richiamo che sono stati messi a disposizione – ha continuato. – Se di riequilibrio si deve parlare, allora da giugno che il Ministro proceda con provvedimenti per portare in sala i film italiani, così come pianificato con quelli internazionali”.

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D’altronde nel decreto non si potevano non considerare gli accordi presi con le piattaforme, prima del 2 maggio 2021, quando la chiusura delle sale che dicevamo ha spinto a sospendere temporaneamente l’obbligo oggi reintrodotto.

Ancora Lorini sottolinea la perdita dell’esercizio per il 2021: “che a fine aprile superano i 400 milioni di euro”. Lamentando “criticità, che minano la riapertura strutturata dei cinema” e la mancanza di uno “stanziamento definito dal fondo emergenza cinema, una campagna promozionale di rilancio del settore che non ha riscontri, condizioni di mercato che non tengono conto delle difficoltà degli esercenti che riaprono, richiamando gli addetti a lavoro, dando impulso all’economia che ruota intorno alla sala cinematografica”.

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Il cinema italiano è il grande assente per la ripartenza, nonostante i continui proclami di numerose produzioni, attori e registi con prodotti pronti, ma l’urgenza, a quanto pare, è garantirne la tutela per i prossimi 8 mesi, consapevoli che probabilmente per i prossimi 3-4 mesi il numero di titoli italiani che approderà nelle sale sarà solo marginale -dichiara l’ANEC- Proprio nei giorni scorsi abbiamo assistito al film di Carlo Verdone proposto in tre sale di Roma, nei giorni della riapertura, senza concedere l’opportunità a nessun altro esercente di programmarlo, salvo poi richiamare l’esclusiva della piattaforma cui è stato venduto. Per non parlare del film di Massimiliano Bruno Ritorno al crimine, di cui non si parla più; titolo che poteva essere portato in sala a settembre quando l’80 per cento degli schermi era aperto”.