E’ scomparso Ernesto Assante, gigante della narrazione della musica e del gusto del nostro tempo

Il mondo dello spettacolo e della musica in lutto

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Il mondo dello spettacolo e del giornalismo italiani sono scossi da una notizia terribile: si è spento oggi a Roma, improvvisamente, Ernesto Assante. Era uno dei più apprezzati, competenti, brillanti, amati, integri, curiosi, geniali, generosi, instancabili, vitali narratori di storie e protagonisti di musica, spettacolo, cultura, tecnologie applicate alle vite quotidiane e al pensiero. Un maestro involontario per una generazione. Aveva 65 anni. Ed è vero: era ancora curioso e affamato di vita come un ragazzo. Fino a pochi giorni fa aveva raccontato storie di oggi al festival di Sanremo per il suo giornale di sempre, La Repubblica, in cui arrivò giovanissimo pochi anni dopo la fondazione, ed eroi della cultura musicale e giovanile di ieri, in cento e cento appuntamenti con lo spettacolo su Beatles e Rolling Stones da lui immaginato e scritto, come mille altre cose, con il suo inseparabile, e altrettanto speciale amico e collega, Gino Castaldo.

Insieme, Gino ed Ernesto, e con altri compagni di viaggio, primo fra tutti Paolo Biamonte, hanno cambiato più di trent’anni fa – e poi costantemente aggiornato – il modo di raccontare la musica e la cultura popolare, rendendole vive, vere, appassionanti attraverso quel doppio registro fatto di passione, precisione, eleganza di scrittura e competenza da un lato, e di umanità, integrità e profonda curiosità dall’altro, sempre al servizio di chi leggeva, consapevoli che quei racconti, che prima di loro erano spesso tollerati a fatica in piccoli articoli sui giornali, o confinati in riviste specializzate, in realtà rappresentavano come poche altre cose il cuore della nostra cultura condivisa, e una lente per leggere, e capire, cosa ci accadeva o ci sarebbe accaduto tra poco. 

Per questo a uno come Ernesto scrivere per un giornale non poteva bastare a saziare la curiosità per ciò che gli accadeva intorno: ed ecco, allora, uno dopo l’altro e spesso insieme, a un ritmo sempre pazzesco, incalzante, libri, programmi televisivi e radiofonici, inserti speciali e lezioni universitarie, o format nati in una cantina e diventati appuntamenti durati anni e anni e anni. E poi il web, la tecnologia che cambiava le nostre vite da raccontare senza diffidenza, ma di nuovo con competenza e capacità di farci capire. Sempre con quella cifra stilistica unica, fatta di riferimenti geniali tra cose apparentemente lontane tra loro ma che la sua cultura onnivora sapeva mettere in collegamento. E con gli anni quella curiosità insaziabile mica si era attenuata, come sarebbe stato comprensibile, normale. Al contrario: e per questo Ernesto si accorse del fenomeno indy quando era ancora nei garage, delle trap quando nelle hit parade sempre più asfittiche e in tv xtenevano banco i soliti nomi, che presto sarebbero stati spazzati via. Lui, che avrebbe potuto diventare ciò che voleva, ma barattava le promozioni con la possibilità di rimanere libero di viaggiare, e curiosare, amava vivere in famiglia le sue sere, con le figlie amatissime e la compagna di sempre. A patto che la borsa fosse pronta per andare a scoprire e raccontare qualcos’altro che lo aveva colpito. 

E’ stato anche una nostra firma, qui a Ciak. Un onore per noi, al quale si è prestato con un semplice “ma certo!”, e quel sorriso intelligente già in moto. E anche il cinema, finito sotto la sua lente, ha preso nuova vita, sia che si trattasse di raccontare cosa ci piaceva davvero guardare durante e dopo la pandemia, sia il come, i nuovi modi che la tecnologia ci consegnava per gustare in modo più avvolgente ciò che amavamo, e che magari nel nostro paese non erano ancora arrivati. 

Però non è solo per questo che Ernesto ci mancherà. Il fatto è che era una persona davvero rara: generosa, sempre pronta ad appassionarsi e condividere un’idea, un progetto, o un consiglio. Ed è stato anche per me, per tanti, tanti anni, una sorta di fratello maggiore, un maestro nella professione e nel modo di vivere la vita, fatto di rigore e capacità di sdrammatizzare, di non prendersi troppo sul serio. Il mio dolore è quello di tantissimi. Dei suoi amici più cari e della sua famiglia, dei suoi colleghi e delle centinaia, migliaia di artisti di tutte le età (e filoni musicali più impensati, perché a lui le categorie proprio non piacevano), che hanno avuto il piacere profondo di incontrarlo e condividere cose con lui. E dei milioni di lettori che si sono lasciarsi avvolgere e guidare dal suo modo di raccontare. Quello di un vero gigante, pieno di passione, curiosità e vita. Di cui sapevano di potersi fidare.