LA DONNA DEL LAGO

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Uno scrittore depresso – e ovviamente in cerca d’ispirazione (l’americano Peter Baldwin) – torna in una cittadina del nord Italia, sulla sponda di un lago. L’inverno l’ha svuotata e resa malinconica, quasi quanto il viaggiatore. L’uomo sceglie di abitare nell’albergo dove l’anno precedente ha spiato una giovane cameriera fare l’amore con un uomo che non è riuscito a riconoscere. Lentamente ammette con se stesso che il motivo che realmente lo ha spinto a ripercorrere i propri passi è il desiderio di ritrovare quella bellissima donna (Virna Lisi). Il ricordo di quel momento di sensuale abbandono, carpito attraverso lo spiraglio di una porta, non lo ha mai abbandonato. Ma la ragazza è morta. Suicida, apparentemente. Quella fine, per molti versi misteriosa e inspiegabile, ossessiona l’uomo che si troverà a scoprire i tanti segreti di una provincia sonnolenta ma melmosa come il fondo di quel lago sempre incombente nel suo triste girovagare. La voce fuori campo del protagonista immerge il film in un’atmosfera da noir anni Quaranta mentre la realtà sfuma e si smarrisce fra incubi ricorrenti e l’alterazione provocata dalla forte febbre che colpisce improvvisamente lo scrittore.

Nella seconda parte del film, il ritmo lento, ipnotico del racconto sembra premonitore di pericoli imminenti e inevitabili. Nulla e nessuno è ciò che sembra dunque? O è l’uomo, abituato a costruire storie, che immagina moventi crudeli? La soluzione arriva forse in maniera brusca e sbrigativa, come spesso accade nei thriller, ma non rovina il complessivo equilibrio del film. Un prodotto di genere, certo, ma di altissimo livello, prodotto da Manolo Bolognini. Grande esempio di un artigianato raffinato che mostrava di conoscere molto bene il cinema del passato e che anticipava la fortunata stagione del Giallo italiano. Quasi un anello di congiunzione fra Mario Bava e Dario Argento, con rimandi addirittura all’espressionismo e alla cultura mitteleuropea. Strano e interessante regista Luigi Bazzoni: realizzò solo cinque film e questo, il primo, lo firmò con Franco Rossellini che aveva partecipato alla scrittura definitiva della sceneggiatura ma che, a parte questo caso, si dedicò solo alla produzione.

La prima stesura fu scritta dal compianto Giulio Questi – che compare nell’interessante documentario inserito nel blu-ray – sulla falsariga dell’omonimo romanzo di Giovanni Comisso, ispirato a misteriosi fatti accaduti ad Alleghe. Infine, grandi gli interpreti: se Baldwin è solo funzionale e credibile, straordinaria è Valentina Cortese nell’esprimere una disperazione a lungo repressa nelle “buone maniere”, come Salvo Randone, dalla estrema gentilezza sinistramente minacciosa. Enigmatica quanto serve la presenza di Pia Lindström, figlia maggiore di Ingrid Bergman, e intenso il volto del giovane Philippe Leroy. Infine la bellezza incantevole di Virna Lisi, ossessiva immagine di desiderio, resa irreale dal bellissimo bianco e nero di Leonida Barboni, evocata dal protagonista, vittima di una passione impossibile, al limite della necrofilia. La Lisi, pur essendo sullo schermo per un totale di pochi minuti, si impossessa del film e si insinua per sempre nel nostro immaginario.