Scary Stories to Tell in the Dark intervista al regista André Øvredal

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Fiabe nerissime e leggende metropolitane che si materializzano come… Ai confini della realtà. Mostri non totalmente digitali ed elementi horror impastati di carica politica e controcultura (la storia si svolge negli USA nel 1968, l’epoca della guerra in Vietnam). Vi pare un horror americano anni Sessanta/Settanta?

Siete sulla strada giusta, ma al contempo fuoristrada. Il film è di quest’anno (da oggi nelle sale) ed è americano, ma è lo spirito vintage che ne compone l’ossatura portante e l’anima pulsante. Si tratta di Scary Stories to Tell in the Dark, ovvero “storie di paura da raccontare al buio”, tratto dai libri di Alvin Schwartz, diretto dal norvegese André Øvredal, scritto e prodotto dal messicano Guillermo Del Toro.

Scary Stories è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, dove abbiamo incontrato Øvredal per questa intervista.

Il produttore di Scary Stories Guillermo Del Toro, durante la lavorazione, ha detto: «non vogliamo realizzare il solito film “antologico”, ovvero un film più brutto del capitolo peggiore dei racconti, quanto piuttosto un film che sia perfino più bello del capitolo migliore». Come ci siete riusciti?

Guillermo è un maestro dello storytelling, è una fucina di idee straordinariamente incontenibile e sa concretizzarle come nessun altro. Ci siamo confrontati molto fin dalla  sua sceneggiatura. Credo che questo sia stato il punto di partenza per arrivare a qualcosa di buono. Benché io fossi il regista, lavorare con lui per un anno, è stata per me una vera e propria lezione di cinema! Senza contare che, a differenza di tanti grandi autori, Guillermo è anche uno straordinario essere umano.

Perché?

Riesce a essere gentile con tutti, ogni giorno. Talvolta, per strada, lo fermavano un sacco di persone e lui parlava con tutti. Accettava foto, firmava autografi, dialogava con chiunque… La cosa incredibile è che Guillermo ricorda i nomi perfino degli sconosciuti incontrati in strada se li rivede a distanza di anni!

Inizialmente Del Toro avrebbe dovuto essere anche regista di Scary Stories. Come l’ha coinvolta per dirigerlo?

Ha visto il mio film The Autopsy of Jane Doe nel gennaio 2016. Gli è piaciuto tanto da elogiarlo con parole meravigliose in un suo tweet! Gli ho scritto un messaggio e, sei mesi dopo, il suo coproduttore mi ha spedito la sceneggiatura, dicendomi: «A Guillermo piace molto questo progetto che ha scritto, ma vuole prendersi una pausa dalla regia… Ti va di dirigerlo? Il tuo nome è il primo che ha proposto, facci sapere…». Ho fatto presente come avrei voluto dirigerlo e che tipo di impronta e sguardo “miei” avrei voluto dare a un racconto che è totalmente di Del Toro (sceneggiatura) e Schwartz (libri originali)!

Il film ha uno spirito teen e al contempo non fa troppa paura…

Volevamo realizzare un film che non fosse “vietato” e che potesse raggiungere dunque una vasta platea di ragazzi. Che spaventasse entro un certo limite. Non c’è però un limite d’età per essere spaventati, anche da adulti possono farci paura cose da ragazzi…

Come ha lavorato sulle creature mostruose?

A volte, anche nei film da centinaia di milioni di dollari, troviamo creature gigantesche create visibilmente in CGI! Da spettatore, percepisci subito che quei mostri sono generati al computer. Lo capisci da come si muovono, dalla postura, dalla luce. Guillermo mi ha reso felice quando ha detto: «secondo me dovremmo  realizzare davvero ogni singola creatura con make-up ed effetti speciali vecchio stile!». Il CGI lo abbiamo utilizzato solo per aggiustare alcuni elementi, sbavature del trucco o effetti particolari come i movimenti impossibili della bocca di un mostro.

Lei ha descritto Scary Stories… come un film «vicino a un “nuovo” immaginario vintage, debitore alla Amblin. Sul solco di Stranger Things, It». Secondo lei com’è nato questo “ritorno al passato”?

C’è stata una fase in cui i film horror erano a bassissimo costo, da poche migliaia di dollari, tipo Paranormal Activity. Tutti hanno pensato andasse sfruttato il filone, perché quel film ha dimostrato che si può spaventare il pubblico anche con pochi soldi e molte idee. Poi proprio James Wan, dopo avere realizzato Saw con pochi dollari, ha girato The Conjuring, un horror da venti milioni di dollari. Quel film ha aperto la strada a una nuova forma di racconti horror dotati di cura per i dettagli e gusto per il passato…

Luca Barnabé