Il 4 marzo 2019 lo ricorderemo per sempre come il giorno in cui sono finiti gli anni ’90. Con la morte di Keith Flynt, il cantante della band Prodigy, e soprattutto di Luke Perry, il celeberrimo Dylan della serie tv Beverly Hills 90210, scompare definitivamente quello che ancora ci portavamo dietro dell’immaginario di più di vent’anni fa: la furia vera della techno e dei rave prima di poser e Instagram, e il sogno dell’eterno primo amore, il fidanzatino tenebroso e romantico da far accettare ai genitori.
Perché Dylan McKay di Beverly Hills 90210, multimilionario e alcolizzato, schivo ma buono, concupito da tutte ma innamorato della ragazza della porta accanto, è stato l’eroe incontrastato del primo teen drama che ha formato emotivamente un’intera generazione di adolescenti, quelli nati negli anni ’70. E che ha inciso indelebilmente anche sulle vite dei suoi attori protagonisti, poco più che adolescenti a loro volta.
I teenagers, insomma, per la prima volta rappresentati dai teenagers stessi, affrontando di petto temi allora tabù sullo schermo per gli under 18 come la prima esperienza sessuale, la droga, l’AIDS. Beverly Hills 90210 aveva congelato la nostra adolescenza, rendendola un perfetto tempo sospeso. Non è un caso che Shannen Doherty, la Brenda Walsh fidanzata storica di Dylan nella serie, pochi giorni fa alla notizia dell’ictus che aveva colpito Luke Perry avesse dichiarato, come fosse passato un solo giorno dal set: «Lo amo e lui lo sa. È Luke, è il mio Dylan».
Per gli adolescenti degli anni ’90 Beverly Hills 90210 è stato uno straordinario fenomeno generazionale, capace di delineare i confini delle nostre identità incerte: le ragazze si dividevano in chi amava il “ribelle” Dylan, dal sopracciglio perennemente alzato in un’espressione di finto distacco, e chi Brandon, il bravo ragazzo, il timorato, quello che mamma e papà approverebbero alla prima cena in famiglia. Ma i ragazzi si identificavano soprattutto con Dylan perché, da ben prima di James Dean, è sempre il “bello e dannato” a dettare davvero le regole del fascino. Soprattutto se sotto la scorza batte un cuore fragile.
Con Luke Perry muore anche l’ultimo idolo adolescenziale da poster in cameretta, quello da staccare dalla copertina adesiva dei magazine per teenagers per attaccarlo sul diario di scuola: un universo di carta che i social media hanno reso preistoria. E che durava ben più a lungo del tempo di un like.