“MINE”: ARMIE HAMMER NEL FILM DI DUE GIOVANI REGISTI ITALIANI

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MineVenti centimetri. Per Mike Stevens la distanza tra la vita e la morte misura solo venti centimetri. La lunghezza della mina antiuomo su cui poggia il suo piede sinistro. Mike è un soldato, bloccato nel bel mezzo del deserto senza possibilità di muoversi. Se non vuole saltare in aria. Inizia così Mine, il lungometraggio d’esordio di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, il duo registico che si inserisce lungo la strada di genere che il cinema italiano sembra aver (ri)imboccato di recente con maggior convinzione e consapevolezza. E lo fa dando al genere un taglio autoriale non convenzionale, quasi filosofico, lo stesso già riscontrabile nella sceneggiatura di True Love – il film che Fabio e Fabio hanno scritto a quattro mani nel 2008 – e in Afterville – il corto sci-fi che ha permesso al duo di attraversare l’Oceano e approdare ai festival nordamericani, oltre che di farsi conoscere e apprezzare in altri contesti internazionali.

Co-produzione Italia-Usa-Spagna (il maggior produttore è Peter Safran, l’uomo dietro a Buried – sepolto vivo e The Conjuring, che su paura e immobilità sta costruendo la sua fortuna) il film arriverà in sala il 6 ottobre, distribuito da Eagle Pictures. Nel cast Armie Hammer (Operazione U.N.C.L.E., The Lone Ranger), Tom Cullen (Downton Abbey, Weekend) e Annabelle Wallis, la bella attrice britannica in questo periodo impegnata sul set de La Mummia, al fianco di Tom Cruise.

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con i giovani registi: ecco cosa ci hanno raccontato!

Per il pubblico che ancora non vi conosce, ma presto avrà la possibilità di farlo, chi siete?

Siamo due che lavorano da sedici anni all’ombra delle attenzioni dei media italiani, nonostante la realizzazione di numerosi cortometraggi vincitori di premi internazionali, spot, videoclip e anche un lungometraggio microbudget venduto in più di 70 paesi e che all’estero è stato distribuito anche nei cinema. Speriamo che Mine inverta la tendenza.

Ci va leggero il tuo socio…

L’altro Fabio, Guaglione, sorride e racconta: Veniamo da un periodo complicato e pieno… ma soprattutto veniamo dal filmmaking più indipendente possibile, un campo che ci ha rafforzato e forse un po’ indurito. Nell’arco di sedici anni a cui ha accennato Fabio abbiamo lavorato praticamente in ogni ambito del processo produttivo imparando a gestirlo completamente. E infatti Mine in un certo senso è stata un’enorme produzione indipendente, gestita da noi e con la nostra formula. Abbiamo progettato il film sin dalle fasi di scrittura e storyboarding, ci siamo occupati delle riprese, e poi del montaggio. Montato il film è stato il momento della post produzione video e audio…

Un lavorone!

Sì! E ora siamo pieni di debiti e di coliti.

Ma state scrivendo una pagina importante del cinema italiano 

Continua Fabio G.: Non sappiamo se e quanto Mine sarà recepito come un film italiano, ma pensiamo che autori come Mainetti e Rovere, e Sibilia e Sollima precedentemente, abbiano smosso qualcosa sia nell’industria che nelle aspettative degli amanti del cinema made in Italy, specialmente di genere. C’è un po’ di componente tifosa italiana anche nel cinema, tira fuori quell’orgoglio che ormai si manifesta solo con la nazionale di calcio.

Quindi possiamo dire che Mine è un film dal DNA italiano, ma girato in Spagna con cast inglese e americano?

Sì – risponde Fabio R. – E la nostra intenzione è da sempre quella di raccontare storie universali. Questo inevitabilmente ci spinge ad affacciarci al mercato internazionale e a usare il genere come codice espressivo. Ma non si tratta di una scelta strategica, lo fosse stata forse saremmo molto più noti. Semplicemente è quello il luogo naturale in cui le nostre storie possono trovare casa. Anche perché ci piace seminare i nostri racconti di simboli diretti all’inconscio del fruitore.

E ce lo dite così? Che giocate con il nostro inconscio?

Sì – ride – ma lo facciamo a fin di bene.

Maria Laura Ramello