C’è chi ancora storce il naso e chi non vede l’ora di assistere al trionfo di Greta Gerwig e Saoirse Ronan alla 90esima edizione degli Oscar. Perché Lady Bird è così: non lascia indifferenti e travolge chiunque con la sua energica freschezza.
Una forza vulcanica che ha spinto il film fino al Dolby Theatre e che, al tempo stesso, domina l’irrequieta protagonista: un’adolescente di provincia alla ricerca di se stessa, pronta a scoprire quale sarà il suo futuro. Lady Bird non è “boyhood al femminile” come qualcuno lo ha etichettato con troppa fretta, ma è il racconto di una giovane donna che lotta contro tutto e tutti (soprattutto contro se stessa) per trovare la propria identità lungo una strada fatta di coraggio, indipendenza e voglia di uscire dagli schemi della mediocrità borghese.
Nel film semi-autobiografico Gerwig ci parla della sua Sacramento e della sua adolescenza ma, di fatto, porta sul grande schermo un pezzo dell’esistenza di tutti: quel momento in cui i sogni e le aspirazioni muovono ogni nostro passo mentre la testa è piena di progetti da realizzare e la realtà ci va quasi stretta con tutti i suoi difetti (un padre disoccupato, una madre imperfetta, un amore da dimenticare). Circostanze passeggere e trascurabili quando davanti a sé c’è ancora una vita intera da inventare.