“SUL SET SONO ANCORA TIMIDA. MA IL CINEMA È LA MIA VITA, LO SARÀ SEMPRE”

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Sophia Loren«Bisogna ridere qualche volta. La vita è bella se c’è passione, un’esplosione di gioia ogni tanto». Sophia Loren è allegra, ben disposta a raccontarsi, con sorprendente energia. Un piacere ascoltarla. Uno dei motivi è senza dubbio l’aver interpretato diretta dal figlio Edoardo Ponti, il cortometraggio La voce umana, adattamento in napoletano di Erri De Luca del celebre monologo di Jean Cocteau, presentato allo scorso Festival di Cannes. Una sfida non da poco, dato che con quel testo si cimentarono Anna Magnani, Ingrid Bergman…«Simone Signoret, Liv Ulmann…», aggiunge la Loren. «È sempre stato un mio sogno, sin da quando ero troppo giovane per il ruolo. E realizzarlo con mio figlio, poi… La sua regia? È molto preparato, non ha certo bisogno dei miei consigli. Ha fatto anche l’attore con me, a 10 anni, in Qualcosa di biondo di Maurizio Ponzi», ricorda con tenerezza. Carlo Jr. ed Edoardo, i due figli tanto voluti, a coronamento del legame di tutta una vita con Carlo Ponti.

Sophia LorenL’Oscar nel ’62 per La ciociara di Vittorio De Sica – il primo assegnato per un ruolo non in lingua inglese – un secondo Oscar onorario nel ’91: una carriera portentosa, principalmente legata al sodalizio professionale con De Sica e Marcello Mastroianni, ma ricca di riconoscimenti anche per film americani – Sophia è molto legata a Orchidea nera di Martin Ritt che le portò la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia…Titoli, nomi che emergono dai ricordi di una vita e una carriera davvero leggendarie. E la consapevolezza che la fama di attrice è stata costruita in Italia, da L’oro di Napoli – la prima volta che De Sica intuì il suo grande potenziale – via via attraverso commedie e poi film più impegnativi, come Matrimonio all’italiana e naturalmente La ciociara che ci ha lasciato l’immagine iconica di una donna spezzata dal dolore che singhiozza accasciata in una strada polverosa.

Sophia Loren - La ciociaraGrande, indimenticabile Sofia! La voce si scurisce nel ricordare l’esperienza in prigione, affrontata per poter tornare in Italia e rivedere l’adorata madre. Oggi totalmente scagionata dalle accuse del fisco, nel 1982 la Loren entrò nel carcere femminile di Caserta. «Terribile», ricorda, «anche se le suore furono deliziose. Dopo 18 giorni mi fu permesso di trascorrere gli ultimi tre giorni della condanna a casa di mia madre. Di notte venivano a svegliarmi per accertarsi che non fossi scappata». Sul set non ha mai creato problemi: maschera la timidezza con una grande calma e non alza mai la voce. Anni fa Raoul Bova si stupì perché durante le riprese di Francesca e Nunziata di Lina Wertmüller, finite le proprie scene, Sophia restava sul set a dare, da fuori campo, le battute a lui. «È normale», commenta la Loren. «Un attore davanti alla macchina da presa è nudo. Bisogna essergli vicino con affetto. Mi vergognerei a non farlo»

Sophia LorenOggi Sophia trascorre molto tempo a Ginevra. Esce poco e preferisce restare in contatto con gli amici attraverso lunghe telefonate. Ogni sera è al telefono con i figli e i loro bambini, legge molto e segue alcune fiction televisive. Rivede volentieri i propri film quando vengono programmati. Si emoziona ed è un giudice severo del proprio lavoro ma le piace ricordare tutti quei volti amici che l’hanno accompagnata sullo schermo nel passato. Le andrebbe di essere più spesso su un set: «Anche con dei giovani, perché no? Se sanno cosa vogliono fare e hanno una bella storia. Il Cinema è stato la mia vita. Lo sarà sempre».

LA NASCITA DEL NOME

Sophia LorenEra il 1953 e avevo fatto Africa sotto i mari. Il produttore Goffredo Lombardo mi disse: «Non posso scrivere sul manifesto Sofia Scicolone. Mai e poi mai! Ci vuole un nome straniero»In quel momento avevano successo le attrici svedesi, come May Britt e Marta Toren. E lui decise: «Invece di Toren, ti chiamerai Loren e Sofia lo scriviamo col ph». I napoletani ci rimasero male: «Ma come, ora ti chiami Sopia?». Nel mondo il ph è rimasto, da noi no. Allora si inventavano tanti modi per lanciare le attrici. Come la ridicola, assurda rivalità fra me e la Lollobrigida che non è mai esistita. Quando io ho iniziato ero una ragazzina e Gina aveva già fatto una grande carriera. Che rivalità poteva esistere fra me e lei che era considerata una grande star? Fantasie per far vendere i giornali. In autunno uscirà una mia autobiografia perché, anche se quello che si è scritto su di me è sempre stato gentile, è ora che sia io a raccontare la mia vita.

I PARTNER AMERICANI

Sophia LorenPaul Newman era adorabile, coscienzioso. Aveva con sé degli asciugamani perché, per la tensione, gli sudavano le mani. Bellissimo. Occhi da svenire e un sorriso meraviglioso. Fra i più belli con i quali ho lavorato. Però anche Gregory Peck… e Clark Gable! Se pensavo a Via col vento, mi girava la testa. Richard Burton, che voce e che occhi! Peter Sellers, quanto era divertente! Abbiamo anche inciso un disco, che in Inghilterra è stato un successo enorme. Quanto ridevamo! Come con Walter Matthau. E Frank Sinatra, Cary Grant, grandissimi. Cary era sempre molto dolce a premuroso. Innamorato di me? Non lo so, e poi a che serve parlarne? Non c’è più… Marlon Brando aveva un carattere difficile. Facevamo La Contessa di Hong Kong di Chaplin, per me era un grandissimo onore. Il primo giorno Brando arrivò con 30 minuti di ritardo. Chaplin gli chiese: «Sarà così ogni giorno? Dimmelo perché cambio attore». Rimase muto. Io pure, zitta. Non mi sarei messa mai a tu per tu con Brando.

RECITARE D’ISTINTO, IMPROVVISARE

Sophia LorenNon ho studiato recitazione. Non ho avuto questa esperienza. A Napoli c’era un professore che insegnava a fare le “facce”: amore, tenerezza…Mi sono servite quando ho cominciato a fare i fotoromanzi. Ma recitare è un’alta cosa! Nei miei primi film improvvisavamo molto. In una scena di Pane, amore e… di Dino Risi, io e Vittorio De Sica dovevamo ballare. A me piaceva Mambo Italiano di Rosemary Clooney e dissi: suonate quello. E abbiamo cominciato a fare quello che ci veniva. Mi hanno spesso detto che avevo dei tempi comici giusti. Ma noi napoletani siamo così. Come in La Baia di Napoli, nel modo in cui reagisco a Clark Gable. Ero spiritosa, credo anche in L’oro di Napoli di De Sica. E Peccato che sia una canaglia di Blasetti è stato per me un grosso lancio come attrice brillante.

I REGISTI AMERICANI

Sophia LorenMi ha insegnato molto Sidney Lumet per un film che non ha avuto successo, Quel tipo di donna con Tab Hunter. Provavamo in una sala con i segni in terra di tutte le posizioni da dove avrei detto le battute, come per una pièce teatrale. Per me era la prima volta e ho imparato molte cose tecniche: una grande e bella esperienza. Siamo rimasti sempre amici, un uomo gentile. George Cukor mi dirigeva in Il diavolo in calzoncini rosa, come fossi stata Greta Garbo. Era molto meticoloso e viveva con un costumista che mi creava vestiti meravigliosi. Splendide scenografie. Era stato il regista di Vivien Leigh, Katharine Hepburn, la Garbo…mi sentivo in mani d’oro. Ero felice anche se mi correggeva di continuo la pronuncia, sempre. Non parlavo ancora molto bene l’inglese e lui si irritava moltissimo.

SUL SET

Sophia LorenNon sono difficile sul set, no. Solo con me stessa perché sono molto timida e questo non lo crede nessuno. In tutti questi anni ho sempre cercato di superare la mia timidezza ma non ci sono mai riuscita. Mi riafferra ogni volta che devo fare qualcosa di importante, davanti a molta gente… poi mi scaldo, ridivento me stessa e va bene. Ma ho bisogno di tempo. Non è perché penso di dover essere quella donna che la gente si aspetta, Sophia Loren. Io sono semplicemente io, Sofia Scicolone, anche se il nome mi ricorda mio padre e lui non ha mai pensato molto a noi. Cerco di apparire nel miglior modo possibile. Per la gente, ma soprattutto per me perché se riesco a fare qualcosa bene, provo stima per me stessa e divento più precisa in tutto, ma allo stesso tempo più duttile.

RUOLI EMOZIONANTI E COMMOVENTI

Sophia LorenInterpretare mia madre in due biografie televisive è stata l’esperienza più commovente ma anche essere diretta da mio figlio in La voce umana. Poi Una giornata particolare di Ettore Scola, fra i miei film più belli. E il primo lavoro in America: Desiderio sotto gli olmi di Delbert Mann, da Eugene O’Neill. Io avevo dialoghi lunghi, difficilissimi. C’era Tony Perkins, meraviglioso. Con lui feci anche Il coltello nella piaga e mentre giravamo chiamarono per dirmi che ero fra le cinque candidate all’Oscar per La ciociara. Tony fece partire un grande applauso che mi commosse.

I REGISTI ITALIANI

Sophia LorenFra i registi italiani, devo tutto a De Sica. Ma molto anche a Risi, Blasetti, Lattuada, Scola. Da poco ho visto per la prima volta Le mani sulla città di Francesco Rosi. Fantastico. Era stato bello fare con lui C’era una volta con Omar Sharif. E poi Lina Wertmüller: Lina è nel mio cuore, è stato un grande incontro! Con lei ho fatto personaggi nuovi, diversi. Mi vedeva in un altro modo, mi faceva truccare differentemente, mi metteva tanti capelli ricci… Personaggi belli, come in Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova…con Mastroianni e Giannini. Non vado molto al cinema ma abbiamo ancora dei grandissimi registi, come Bertolucci, Bellocchio. Avati è molto bravo. E Sorrentino: La grande bellezza, bel film!