Flaminia, video intervista a Michela Giraud e Rita Abela

Roma Nord, la borghesia e l'arrivo di una sorella travolgente che mette a nudo tutte le ipocrisie. Il nostro incontro con le due protagoniste di Flaminia

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Flaminia

Una «favola» autobiografica ma neanche troppo, creata piuttosto per «riportare alcune esigenze e tematiche che fanno parte della sua vita». Per Michela Giraud è questo il modo più corretto per descrivere Flaminia, il film che segna il suo debutto come regista, sceneggiatrice e attrice protagonista, al cinema dall’11 aprile con Vision Distribution.

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Una storia che trasuda Roma Nord già dal titolo, Flaminia, nome abbinato alla classica “ragazza che si esprime in punta di forchetta” come ci spiega la stessa Michela, che di cliché borghesi ne ha sempre fatto il suo cavallo di battaglia. E che infatti non mancano in questa storia sociale e familiare, che vede al centro un rapporto tra sorelle, di cui una affetta da autismo (lo è nella vita vera la sorella di Michela, Cristina). Ma come si sceglie un’attrice (esterna) alla quale affidare un ruolo così personale e delicato? Giraud si è affidata a Rita Abela, attrice siciliana che aveva conosciuto qualche anno prima grazie al corto Big. «Ho capito subito che poteva essere lei perché aveva un’energia, un modo di fare e un incedere molto simili» racconta a Ciak. «Ho voluto comunque provinare delle ragazze con un certo tipo di fisicità che non si vede quasi mai sullo schermo. Credo che nel cinema sia giusto fare una commistione». Dall’altro lato, il peso di un ruolo così importante si è fatto sentire in Abela: «Michela mi ha chiamato e mi ha detto:Ti sto affidando la cosa più importante della mia vita, abbine cura”. Ho provato un misto di gioia e grande responsabilità. È stata una “materia” che ho trattato con cura e rispetto, in punta di piedi». 

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