Il ritorno al cinema della Trilogia dell’Anello

Quando Jackson ha rivoluzionato con Andy Serkis il concetto stesso di effetto speciale

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Gli appassionati di cinema fantasy che hanno amato la potente trilogia di Peter Jackson che, nel 2001, 2002 e 2003, ha portato sul grande schermo l’epopea dell’universo creato da John Ronald Reuel Tolkien nel Signore degli Anelli, possono festeggiare. Il prossimo luglio, infatti, la Warner Bros. rilancia nelle nostre sale (nella sontuosa versione in 4K) i film con cui il maestro neozelandese ha dato corpo e anima a Gandalf, Frodo, Galadriel, Aragorn, Legolas, Gimli e tutta la variopinta accolita di hobbit, elfi, maghi, guerrieri, orchi, nani e creature fantastiche che popolano una delle trilogie letterarie più amate del mondo intero.

Queste le date degli imperdibili appuntamenti in tre uscite evento dove sentiremo di nuovo risuonare i minacciosi versi «Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli», incisi in caratteri tengwar sull’Unico Anello:

  • Il Signore degli anelli: La compagnia dell’anello sarà in sala dal 10 al 12 luglio;
  • Il Signore degli anelli: Le due torri dal 17 al 19 luglio;
  • Il Signore degli anelli: Il ritorno del Re dal 24 al 26 luglio.

Come sanno bene i lettori del romanzo di Tolkien e chi poco più di venti anni fa si è innamorato della sua versione cinematografica, la Compagnia dell’Anello ha il compito assai rischioso di distruggere l’Anello del Potere, segretamente forgiato dall’oscuro signore Sauron nell’anno 1600 della Seconda Era, per impedire che questo possa tornare in suo possesso permettetendogli di far scendere le tenebre del suo dominio sulla Terra di Mezzo. Quel piccolo ma letale oggetto, dopo aver attraversato secoli di guerre, tradimenti e uccisioni, è rimasto nascosto per oltre due millenni nel letto del Gran Fiume, per poi tornare a mostrarsi nello Hobbit come anello dell’invisibilità, prima che nel Signore degli Anelli ne fosse rivelato il potere malefico e la capacità di corrompere l’animo di chi lo indossi.

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La trilogia realizzata da Peter Jackson (che all’epoca aveva già al suo attivo film di culto come Splatters, Creature del cielo e Sospesi nel tempo) è uno dei più ambiziosi esperimenti mai tentati: la Trilogia dell’Anello, frutto di otto anni di lavoro, è stata girata interamente in Nuova Zelanda tra l’11 ottobre 1999 e il 22 dicembre 2000, in oltre 150 luoghi diversi, con sette diverse unità di ripresa, per un periodo totale di 438 giorni, cui sono seguite delle riprese aggiuntive, girate ogni anno dal 2001 al 2004. La trilogia ha coinvolto una troupe di 2.000 persone, un cast di 20 attori protagonisti e 20.000 comparse, che si aggiravano in ambienti dove l’arredo era costituito da oltre 20.000 oggetti, costruiti appositamente per l’occasione. Attori e comparse erano vestiti e truccati con 900 armature realizzate a mano, brandivano oltre 2000 armi diverse ed elfi e hobbit indossavano 1.600 paia di piedi e orecchie finte. Il budget complessivo per realizzare la trilogia è stato $ 281.000.000 e i tre film, ad oggi, hanno incassato $ 2.993.782.523. L’avventura neozelandese che ha coinvolto i suoi protagonisti, oltre a confermare il talento di mostri sacri come Christopher Lee (Saruman) e Ian McKellen (Gandalf) e consacrare la divina Cate Blanchett (Galadriel), ha immediatamente trasformato in star internazionali attori come Viggo Mortensen (Aragorn) e Orlando Bloom (Legolas) e, soprattutto, ha rivelato al mondo il talento di Andy Serkis, la cui trasformazione in Gollum tramite il motion-capture ha avviato la più grande rivoluzione visiva nel cinema del XXI secolo, una rivoluzione, per capirci, senza la quale non sarebbero mai potuti nascere i Na’vi di Avatar.

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«Il segreto è nell’immaginazione, si tratta di scavare nel profondo di quella che, da sempre, è la qualità fondamentale di ogni attore e il punto di partenza del processo di recitazione», così Andy Serkis ci ha spiegato anni fa il suo metodo di recitazione applicato al motion-capture, «Il fatto di essere diventato simbolo di una “rivoluzione” tecnologica, essere definito “l’attore senza volto” per aver recitato Gollum, King Kong e lo scimpanzé Caesar nella trilogia del Pianeta delle scimmie, è nato dalla felice opportunità offerta dal regista Peter Jackson, che nella Trilogia dell’Anello ha deciso di trasformare in recitazione quello che avrebbe potuto essere un semplice effetto visivo». Per Serkis la rivoluzione favorita da Jackson ha fuso il massimo della tecnologia per tornare alle radici della recitazione perché, dice, «nel teatro greco c’erano le maschere, così come nel kabuki giapponese, per amplificare le emozioni del personaggio e al cinema si era già usato il trucco anche in modo pesante (pensa a John Hurt in The Elephant Man). Io ho avuto la fortuna di poter usare un make-up digitale che mi può trasformare in qualunque cosa recitando liberamente, anche se per far questo debbo indossare una tutina aderente di lycra, costellata di punti che servono da riferimento al computer e un casco con una telecamera che riprende il movimento dei miei occhi».