Incastrati, il crime comico nella serie di Ficarra e Picone

Dal 1 gennaio in Italia la serie Netflix in 6 episodi

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«Ci piacerebbe continuare a cambiare, non esistono cose di serie A e di serie B: il cinema, la televisione, le serie sono linguaggi diversi che ci piacerebbe continuare a esplorare». Salvo Ficarra e Valentino Picone, protagonisti di Incastrati, la loro prima serie televisiva, disponibile dal 1 gennaio su Netflix, non amano gli steccati artistici, il loro minimo comun denominatore è soltanto uno, la comicità. «Siamo sempre noi, alle prese con i problemi quotidiani – ammette Picone – I film comici partono tutti da uno stesso presupposto: mettersi nei guai per uscirne nella maniera più goffa possibile». «Il comico deve prendersi in giro – incalza Picone –  Noi ironizziamo su tutto, sulla mafia, su noi stessi, sulle serie tv. Senza uno sguardo autoironico un comico fallisce quasi sempre».

E stavolta Salvo e Valentino si mettono in un guaio parecchio più grosso di loro, capitano nel posto sbagliato al momento sbagliato, costretti a fronteggiare tanti malintesi che li porteranno in situazioni surreali, compreso un omicidio e la lunga mano della mafia. «Ci siamo misurati con una cosa nuova – sottolinea Picone – Sia per il genere, perché è una commedia crime, sia per la serialità, ci stimolava la possibilità di raccontare una storia in tre ore, eravamo affascinati dalla possibilità di approfondire i personaggi e lavorare sulla trama».

Scritta, diretta e interpretata da Ficarra e Picone, prodotta da Attilio De Razza per Tramp Limited, interamente girata in Sicilia, la serie, in sei episodi, è una commedia corale in cui ogni personaggio intreccia la propria vita con quella dei due protagonisti, con un cast in cui spiccano Marianna di Martino (Agata Scalia), Anna Favella (Ester), Tony Sperandeo (Tonino Macaluso, detto “Cosa Inutile”) e Sergio Friscia (Sergione). «Il crime è un veicolo per portare ironia – aggiunge Ficarra – È la prima volta che qualcuno muore in un nostro film». Torna anche la mafia, già protagonista in L’ora legale. «In quel film c’era uno sguardo su noi italiani come cittadini, si mettevano in mostra le nostre colpe e responsabilità rispetto a questo argomento, stavolta manca questo sguardo, sono due personaggi molto chiusi nella loro vicenda – ricorda Ficarra – Tutto quello che accade fuori quasi non le percepiscono».« Il fondamento sulla mafia è stato di non voler dimenticare – spiega Picone – Al tempo delle grandi stragi di mafia abbiamo interiorizzato quel senso di vergogna che i siciliani hanno vissuto, per fortuna in questi anni la Sicilia  è andata avanti e oggi a distanza di anni il nostro cruccio è di non dimenticare, bisogna tenere alta l’attenzione per i giovani che non hanno sentito quel senso di vergogna grazie al quale ci siamo migliorati».

Fan di Pietro Germi «che bisognerebbe riscoprire», Ficarra e Picone hanno inserito nelle sei puntate tanti riferimenti al suo cinema «a cominciare dal bar di Sciacca dove aveva girato», sottolinea Picone, che tra la comicità dei loro inizi e quella di oggi trova solo poche differenze. «Cerchiamo solo di essere ancora più asciutti e essenziali, credo sia una cosa che capita a tutti quelli che fanno il nostro mestiere». Eterni Peter Pan incapaci di gestire il rapporto con il gentil sesso, i due comici hanno inserito nella serie due figure femminili decisamente forti, una poliziotta (Agata) e una moglie (Ester) sulle cui spalle si regge l’intera costruzione del racconto. «Sono due donne che hanno un grande respiro nel racconto – ammette Anna Favella – Non sono donne di servizio, ma hanno una loro personalità, mettono lo zampino in tutto con il loro carattere». «Già vent’anni fa le nostre fidanzate in Nati stanchi sovvertivano quel luogo comune che volevano le donne siciliane attaccate al focolare domestico  – conclude Ficarra Non si volevano sposare con noi, ma soprattutto volevano  una carriera imprenditoriale importante. Ma tutte le donne dei nostri film sono sempre state particolari, dalla sorella condivisa ne Il 7 e l’8 alla zia Lucia di Andiamo a quel paese che ha nascosto un amore per un prete per oltre 30 anni senza che nessuno lo venisse a sapere». 

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