Ken Loach: «Un film non è mai un “io”, è sempre un “noi”»

Il Festival del Cinema Europeo di Lecce ha conferito al regista inglese L’ulivo d’oro alla carriera. Ken Loach in collegamento con il direttore Alberto La Monica e la stampa ha parlato del suo cinema, riflettendo sulla realtà attuale, sulle guerre in corso, auspicando per la Palestina giustizia per le barbarie in atto

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Nell’ambito della 25esima edizione del Festival del Cinema di Lecce, dal 9 al 16 novembre, è stato conferito al maestro Ken Loach L’ulivo d’oro alla carriera: «Il Festival del cinema europeo è promozione della cultura cinematografica europea con uno sguardo verso il mediterraneo», ha spiegato il direttore Alberto La Monica, «ma è altrettanto passione e militanza sociale, è dialogo con la realtà, è attenzione verso l’uomo, verso le sue problematiche esistenziali. Il cinema di Ken Loach è espressione di questi valori, ed è per noi motivo di grande orgoglio conferirgli L’ulivo d’oro alla carriera».

«È davvero molto gentile da parte vostra ospitarmi, ed è un onore per me essere presente», ha dichiarato il regista in collegamento da casa sua, impossibilitato a raggiungere Lecce per motivi di salute, «vi annuncio che questo premio bellissimo e straordinario resterà sul mio camino per sempre».

Il cinema dell’osservazione di Ken Loach

Maestro di un cinema da sempre impegnato, che ha raccontato la realtà nelle sue brutture ma anche nei suoi aspetti più belli e poetici, Ken Loach ha diretto film imprescindibili come Il vento che accarezza l’erba, Io, Daniel Blake, Bread and Roses, Sorry We Missed You, The Old Oak: «Noi registi non facciamo mai i film da soli», ha riflettuto Ken Loach, «il film è sempre il risultato di uno sforzo collettivo, a partire dagli sceneggiatori, nel mio caso, uno Paul Averty, con cui collaboro da oltre 30 anni, ma poi ci sono gli operatori, i montatori, gli attori, tutta la troupe che in uno sforzo collettivo riesce a realizzare la meraviglia che è un film. Possiamo lavorare insieme sul set, ma anche nella vita e nel mondo politico, per cui un film non è mai un “io”, è sempre un “noi”. I film che più mi hanno influenzato sono principalmente quelli dei registi neorealisti italiani del secondo dopoguerra, su tutti De Sica; l’altra grande fonte di influenza per me è stato il cinema dell’Est Europa, il cinema ceco, ci sono prodotti cinematografici degli anni ’60 straordinari perché quello era un cinema dell’osservazione, che cercava di trasformare la macchina da presa in un osservatore empatico, e così fa lo spettatore, comprende quello che succede e si immedesima con i protagonisti dei film. Il cinema dell’osservazione è il modo con cui io ho provato a fare i miei film, io credo che il cinema che parla della realtà sia l’espressione più bella perché non c’è cosa più bella della realtà, non c’è cosa più commovente e affascinante della condivisione, noi festeggiamo insieme, amiamo insieme, ci arrabbiamo insieme, il cinema deve rappresentare questa conferma della comunanza della nostra umanità».

Ken Loach con in mano L’ulivo d’oro alla carriera conferitogli dal Festival del Cinema Europeo di Lecce

Umanità che si trova di nuovo alle prese con conflitti, ingiustizie, atrocità indicibili: «C’è una cosa che ho imparato dalla politica negli anni ’60, dalla nuova sinistra, c’era uno slogan che urlavamo quando marciavamo durante i cortei di protesta: “né con Washington né con Mosca”. C’era un’opposizione veemente al capitalismo occidentale da un lato, ma anche alla dittatura stalinista di Mosca dall’altro, però l’essenza era la dicotomia tra queste due classi, operaia da una parte e quella dirigente dall’altra, ne derivava un conflitto di interessi. L’idea era continuare a marciare, a protestare fino a che la classe operaia non sarebbe risultata parte attiva, questa era l’essenza della politica della sinistra di quegli anni. E la classe dirigente ha continuato a intervenire per impedire a questa classe operaia a livello internazionale di unirsi e di organizzarsi. La classe dirigente con il suo atteggiamento parassita ha portato allo sfruttamento degli operai con delle conseguenze che si sono perpetrate nei 60 anni successivi. Oggi c’è sempre più concorrenza tra le multinazionali che porta a una pressione e diminuzione dei salari, a uno sfruttamento delle risorse del pianeta, risorse già finite, ma si va avanti perché il profitto del prossimo anno sarà quello che determinerà il successo di questa o quella azienda. Per ottenere questo la politica si fa sempre più aggressiva, va in guerra perché i politici devono ampliare la loro zona di influenza per poter vendere i propri beni al mercato, uno stato permanente di distruzione, di guerra, di povertà che va sempre peggio, e per questo sempre più governi autoritari si diffondono, e così arriviamo a Trump, all’estrema destra, che continua a guadagnare, e questo è il pericolo in assoluto più grande. Non ho delle riflessioni particolari, se non quella che mi sembra che la guerra in Ucraina sia complicata anche dalla tendenza espansiva occidentale, come anche la risolutezza di Putin di mantenere quelle posizioni che ha tenuto per decenni, la critica nei suoi confronti c’è sempre stata, ma questa tragedia era in qualche modo prevedibile. Non posso dire della nuova ascesa di Trump, credo che sia ora di parlare, di avviare delle conversazioni, soprattutto tra le nuove generazioni».

La posizione di Ken Loach sul conflitto a Gaza

Per quanto riguarda Israele e Palestina la posizione del regista è netta: «Io sono come voi, assisto quotidianamente a quelli che sono veri e propri crimini di guerra, crimini contro l’umanità di una portata inimmaginabile, quello che succede a Gaza è orribile, ci sono tantissime persone imprigionate che non hanno possibilità di difendersi, tantissime persone massacrate, e con loro le scuole e i campi di accoglienza che cadono a pezzi, le persone muoiono all’interno delle loro case. Sono stimati tra i 44 e 45.000 morti, ma sono sicuramente centinaia di migliaia di più. Per me è davvero difficile immaginare che l’occidente rifornisca armi per perpetrare questi crimini, io non riesco a crederci, ma ci sono dei movimenti a supporto della Palestina, il mondo lo sa quello che sta accadendo e un giorno giustizia sarà fatta, questi criminali devono rispondere delle proprie azioni, i palestinesi devono avere uno stato, dei diritti, devono avere il diritto di decidere per sé stessi, non ci fermeremo fino a che il popolo palestinese nona avrà giustizia».