Uomini in marcia – alla Festa di Roma il doc sulle lotte per il lavoro

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È un viaggio attraverso decenni di lotte per la dignità del lavoro quello in cui ci accompagna Peter Marcias nel suo nuovo documentario Uomini in marcia, che sarà presentato in anteprima mondiale alla 18ma Festa del Cinema di Roma (ed è in pianificazione una prossima distribuzione in sala). Un film che prende le mosse dalla Marcia per lo Sviluppo dei minatori sardi del Sulcis, spaziando per abbracciare il prima e il dopo di quel momento di lotta emblematico: «Cosa è successo prima di quell’evento? E cosa sta accadendo ora?», si è domandato infatti il regista (tra le sue opere precedenti, Un attimo sospesi, I bambini della sua vita, Uno sguardo alla Terra e Nilde Iotti, il tempo delle donne), «Da quel momento in poi ho iniziato a “disturbare” e interrogare lavoratori, sindacalisti, politici, professori di diritto, registi, cantanti, per farmi raccontare il mondo del lavoro in Italia».

E oltre l’Italia, col contributo di due cineasti che ai temi trattati da Marcias si sono dedicati con esiti memorabili, il britannico Ken Loach e il francese Laurent Cantet. E la situazione che descrivono è quella di un lavoro soffocato nelle spire di un sistema economico orientato, in nome dei profitti di pochi, a ridimensionare quando non a negare del tutto i diritti di tanti, con effetti sociali disastrosi. Lo sa bene il filmmaker Palma d’oro a Cannes per Il vento che accarezza l’erba e Io, Daniel Blake, che nel doc di Marcias afferma: «Ciò che è cambiato negli ultimi due decenni, tre decenni, è che fino a poco tempo fa pensavamo che se non avessimo vinto questa volta, avremmo vinto la prossima o quella dopo ancora o tra 20 anni, 50 anni. Un giorno vinceremo. Ora non abbiamo questo lusso. Non abbiamo il lusso del tempo».

«Oggi ho l’impressione che la crisi sia ancor più forte di quella di quindici anni fa», aggiunge Cantet, anche lui vincitore a Cannes (con La classe – Entre les murs) e capace di mettere a fuoco le derive del capitalismo e le loro ripercussioni sulle vite delle persone in titoli come L’atelier, «Tutto è peggiorato, ciò significa che si è pronti ad accettare qualsiasi condizione di lavoro. Poiché c’è molta disoccupazione e non si vuole perdere il lavoro, si è pronti ad accettare tutta la violenza dell’ultraliberismo, così com’è stato gradualmente implementato. Solo perché le condizioni sociali sono peggiorate, non possiamo più permetterci di non giocare questo gioco».

Uomini in marcia (prodotto da Ganesh e Ultima Onda in collaborazione con Rai Cinema,
Aamod, Cineteca Sarda Società Umanitaria e Morgana Studio, con il sostegno della
Fondazione Sardegna Film Commission – Bando Filming Cagliari), sottolinea dunque che mai come ora è necessario lottare per difendere conquiste del secolo scorso come lo Statuto dei Lavoratori nel 1970, rilanciandole in una battaglia che porti a un vero, urgente cambio di rotta della società. «La nostra Costituzione dice che c’è il diritto allo sciopero, cioè il diritto a lottare, il diritto al conflitto, perché da questo possono nascere migliori condizioni di vita per i lavoratori», ricorda Gianni Loy, professore di diritto del lavoro all’Università di Cagliari dal 1975 al 2014, tra le voci del film assieme a Peppino La Rosa, Giampaolo Puddu, Bruno Saba, Antonello Cabras e Salvatore Cherchi.

«In fondo è grazie a quel diritto al conflitto che la Costituzione riconosceva con il diritto di sciopero che poi sono arrivate le nuove leggi in attuazione disegno costituzionale», prosegue Loy nella sua testimonianza all’interno del film, «Lo Statuto dei Lavoratori è arrivato nel 1970, ma è arrivato a seguito di grandi manifestazioni dei lavoratori, di grandi lotte operaie, di un’ideologia che accettava e cercava di trasformare quei principi della Costituzione in realtà». E conclude: «Il tema vero non è soltanto una repubblica fondata sul lavoro, che è il principio, lo scenario, ma quanto poi viene detto successivamente e cioè che tutti hanno il diritto al lavoro, che lo Stato deve rimuovere gli ostacoli perché tutti possano lavorare dignitosamente».