Lo abbiamo visto al Festival di Cannes 2023 e atteso a lungo, finalmente il The Old Oak di Ken Loach è in sala – distribuito da Lucky Red dal 16 novembre – per raccontare al pubblico italiano una vicenda di speranza e accoglienza che potrebbe essere l’ultima che l’ottantasettenne regista inglese ci racconterà. Nella speranza di nuovi film e ulteriori sorprese da parte sua, vi invitiamo a scoprire l’attualità di questa “storia di umanità e solidarietà” con la quale si conclude una ideale trilogia.
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IL FATTO:
The Old Oak è l’ultimo pub rimasto in un piccolo paesino nel nord-est dell’Inghilterra, un tempo fiorente località mineraria e oggi alle prese con gravi difficoltà dopo decenni di declino. Il proprietario del pub, TJ Ballantyne, riesce a mantenerlo a stento, e la situazione si fa ancora più precaria dopo l’arrivo di alcuni rifugiati siriani. Mentre l’incontro tra due comunità, entrambe travolte da una crisi sia personale che sociale, scatena una guerra alimentata da pestaggi e insulti razzisti, TJ diventa amico di una giovane siriana, Yara che con la sua macchina fotografica racconta la vita quotidiana del paese, nella speranza di trovare un modo per comunicare. Siriani e inglesi scopriranno di avere in comune molto più di quello che avrebbero mai immaginato.
L’OPINIONE:
Un invito a non rinunciare alla speranza, a mostrare forza, solidarietà e resistenza, elaborando lutti, combattendo paure e pregiudizi, accogliendo e rispettando l’altro, coltivando il senso di appartenenza a comunità polverizzate da crisi economiche e sociali. Questo il senso dell’ultimo film di Ken Loach che, ancora una volta a partire da una sceneggiatura di Paul Laverty, traccia il ritratto struggente di una umanità fragile, maltrattata, ma ancora convinta che il futuro possa essere diverso. Migliore. Tra riflessioni sul potere della memoria e delle immagini, sulla necessità di una solidarietà che nasca dal basso, sul coraggio di ribellarsi alle ingiustizie e di contrastare forze disgregatrici, il regista, “vecchia quercia” del cinema inglese che non ha mai smesso di lottare, professa con forza e indignazione la sua fede nell’uomo e nella sua capacità di essere libero. E in un finale tra i più belli della sua intera filmografia celebra la possibilità di pace, armonia e bellezza.
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Tutti gli altri film del regista inglese, ma in particolare gli altri due che compongono la cosiddetta trilogia, i suoi precedenti Io, Daniel Blake e Sorry, We Missed You.