La Biennale di Venezia annuncia Classici fuori Mostra 2023

Dieci Classici restaurati a Venezia

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Jean-Louis Trintignant, Il conformista

Si terrà a Venezia dal 2 marzo al 17 maggio – settimanalmente alle ore 19 al Cinema Rossini – la quarta edizione della rassegna cinematografica Classici fuori Mostra. Festival permanente del cinema restaurato, organizzata dalla Biennale di Venezia in collaborazione col Circuito Cinema del Comune di Venezia e i docenti delle classi di cinema dell’Università Ca’ Foscari e dell’Università IUAV di Venezia.

Saranno presentati settimanalmente dieci Classici recentemente restaurati dalle principali cineteche di tutto il mondo, in versione originale con sottotitoli in italiano. Ogni film sarà preceduto dalla presentazione di un esperto e seguito da una sessione di domande e risposte col pubblico. Particolari facilitazioni riguardano gli studenti (biglietto ridotto 3 euro, abbonamento ridotto 20 euro, biglietto intero 6 euro).

Si dice che le buone abitudini non debbano andare disperse – dichiara il direttore artistico della Mostra del Cinema Alberto Barbera e così, confortati dal successo delle tre precedenti edizioni la Biennale torna a proporre una selezione di film restaurati, in una rassegna che si avvia ad assumere i contorni di un’attività permanente. Classici Fuori Mostra offre l’opportunità preziosa di vedere film perfettamente restaurati nelle migliori condizioni a cui possono aspirare: una sala cinematografica adeguatamente attrezzata, la presenza di un pubblico appassionato e attento, la presentazione di un critico che si presta anche a guidare la discussione che fa seguito alla proiezione”.

Il primo film in programma, giovedì 2 marzo alle ore 19, è il capolavoro di Bernardo Bertolucci, e candidato all’Oscar per la sceneggiatura, Il conformista (1970), con Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Pierre Clémenti. Tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, scritto dallo stesso Bertolucci e magistralmente fotografato da Vittorio Storaro, Il conformista è il primo successo commerciale del regista e affronta in maniera personale il nodo complesso dei rapporti tra fascismo e borghesia.

Nel film, il desiderio di normalità trasforma Marcello Clerici (Trintignant) in sicario del regime. Si reca a Parigi per uccidere un suo ex professore fuoriuscito, ma il 25 luglio 1943 fa una terribile scoperta.

“È il più inventato e liberamente critico dei film tratti da Moravia, di raffinata eleganza figurativa e di trascinante invenzione stilistica” (Morando Morandini).

“Il conformista non fu soltanto uno straordinario traguardo intellettuale ed estetico, ma uno dei lavori più influenti della prima metà del decennio. Martin Scorsese vide in questa unione di complessità tematica e utopia visiva una vera rivelazione, un film al contempo seduttivo e repellente” (Mark Cousins).

Restauro a cura di Cineteca di Bologna/Minerva Film. Presenta Sara D’Ascenzo.

I titoli che compongono il programma sono classici che provengono da cinematografie vicine e lontane, che fanno parte del pantheon dei grandi film della storia del cinema, ma sono anche opere che il passare del tempo invita a riconsiderare, secondo il processo di revisione delle gerarchie di valori che riguarda l’intera storia dell’arte.

Dopo Il conformista, saranno presentati:

  • 8 marzo La Maman et la Putain (1973) di Jean Eustache (introduce Carmelo Marabello)
  • 15 marzo Nostalghia (1983) di Andrej Tarkovskij (introduce Adriano De Grandis)
  • 29 marzo Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini (introducono Marco Bertozzi e Miriam De Rosa)
  • 12 aprile  As Tears Go By (1988) di Wong Kar-wai (introduce Marco Dalla Gassa)
  • 19 aprile The African Queen (La regina d’Africa, 1951) di John Huston (introduce Michele Gottardi)
  • 26 aprile Ordet (Ordet – La parola, 1955) di Carl Theodor Dreyer (introduce Giuseppe Ghigi)
  • 3 maggio The Driver (Driver l’imprendibile, 1978) di Walter Hill (introduce Roberta Novielli)
  • 10 maggio Bariera (Barriera, 1966) di Jerzy Skolimowski (introduce Elena Pollacchi)

17 maggio  In einem Jahr mit 13 Monden (Un anno con 13 lune, 1978) di Rainer Werner Fassbinder (introduce Marco Contino)

Venezia Classici è la sezione che dal 2012 presenta alla Mostra in anteprima mondiale, con crescente successo, una selezione dei migliori restauri di film classici realizzati nel corso dell’ultimo anno da cineteche, istituzioni culturali e produzioni di tutto il mondo. Venezia Classici è curata da Alberto Barbera con la collaborazione di Federico Gironi.

Il programma completo

CINEMA MULTISALA ROSSINI

Le proiezioni si terranno alle ore 19.00
Tutti i film sono in lingua originale con sottotitoli in italiano

2  marzo

IL CONFORMISTA (114’) di Bernardo Bertolucci
con Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Pierre Clémenti
Italia/Francia, 1970
Restauro a cura di Cineteca di Bologna/Minerva Film
Introduce Sara D’Ascenzo

8 marzo

LA MAMAN ET LA PUTAIN (220’) di Jean Eustache
con Bernadette Lafont, Jean-Pierre Léaud, Françoise Lebrun
Francia, 1973
Restauro a cura di Les Films du Losange
si ringrazia I Wonder Pictures
Introduce Carmelo Marabello

Dopo un avvio di commedia leggera dai dialoghi spiritosi, Eustache ne fa un dramma da camera in cui, a cinepresa immobile e in lunghi piani sequenza, i personaggi esprimono i loro sentimenti, il malessere, la difficile ricerca di una nuova morale”. (Morando Morandini)

È talmente scontato considerare La maman et la putain un fedele ritratto delle abitudini affettive scaturite dal Maggio ’68, che spesso si dimentica quanto dietro a quest’opera di culto si nasconda un grande film fantastico. Parigi è descritta come un luogo da incubo: è impossibile per i personaggi riuscire ad allontanarsi, a staccarsi gli uni dagli altri. La ville lumière divora le proprie creature, come suggeriscono le numerose aperture a iride prese in prestito dal cinema muto, o le lente dissolvenze in chiusura che assorbono e soffocano la luce (…): Non sorprende, dunque, che La maman et la putain sia il racconto di un atto di vampirizzazione, quello che Véronika opera nei confronti di Alexandre. Sostituendo una donna bella come la notte, tutta artifici e manie, a quella bella come il giorno, che lo ha abbandonato, il giovane non sa che si sta offrendo corpo e anima al vampiro”. (Jean Douchet)

15 marzo

NOSTALGHIA (125’) di Andrej Tarkovskij
con Oleg Jankovskij, Erland Josephson, Domiziana Giordano
Italia/URSS, 1983
Restauro a cura di CSC – Cineteca Nazionale in collaborazione con Rai Cinema
Introduce Adriano De Grandis

Lento e denso come una preghiera, il penultimo film di Andrej Tarkovskij è il poema della lontananza e della fede, l’addio del regista a una patria difficile e ingrata, il suo personale elogio della follia, e un incantevole manifesto contro la dittatura della bellezza, scolpito su location mesmerizzanti: la chiesa sommersa di Santa Maria in Vittorino, le rovine dell’Abbazia di San Galgano, la cripta di San Pietro a Tuscania, la città arroccata di Calcata, la vasca termale di Bagno Vignoni. Inquadrature geometriche, sguardi in macchina, colonna sonora intrisa di canti, gocciolii, latrati, mentre la scena è continuamente allagata di pioggia, neve, acque termali, pozzanghere, ora in bianco e nero, ora a colori, ora con mezze tinte”. (Alberto Anile)

29  marzo

ACCATTONE (116’) di Pier Paolo Pasolini
con Franco Citti, Adriana Asti
Italia, 1961
Restauro a cura della Cineteca di Bologna e The Film Foundation
Introducono Marco Bertozzi, Miriam De Rosa

Folgorante esordio di Pasolini nel cinema, Accattone è la storia di un ladro di borgata, tutta dentro a quella realtà sottoproletaria che lo scrittore, arrivato a Roma negli anni Cinquanta, aveva raccontato con passione nei suoi romanzi. Nulla di neorealistico. Pasolini ‘non prese gli attori dalla vita, ma la vita dagli attori’, scrive con bella intuizione Amelio, ‘perché la loro esistenza sia raccontata solo da chi li ama, non da chi li usa’ (…). I limiti tecnici si trasformano, per via di forza culturale, in immagini semplici, pure, quasi ieratiche, che si vogliono di essenzialità dreyeriana. Un linguaggio asciutto, ma con musica da largo sacrale, fondante una poesia in grado di confrontarsi con la tragicità delle sue borgate”.  (GianniVolpi)

12 aprile

AS TEARS GO BY (102’) di Wong Kar-wai
con Andy Lau, Maggie Cheung, Jacky Cheung
Hong Kong, 1988
Restauro a cura di L’immagine Ritrovata e The Criterion Collection
si ringrazia Tucker Film
Introduce Marco Dalla Gassa

L’esordio alla regia del cineasta cinese è una rilettura impetuosamente libera del capolavoro scorsesiano Mean Street, inserita in un sistema culturale dislocato e interpretata con una sensibilità pienamente postmoderna. Lo spostamento geografico e cronologico produce una violenta deformazione estetica: il sulfureo iperrealismo della pellicola di Scorsese si tende, assottigliandosi, in superfici iconiche tiratissime, sul punto di lacerarsi. Schermi fosforescenti, lastre riflettenti, bagliori artificiali: un universo privo di profondità, vitreo, dove la luce artificiale pulsa, guizza, rimbalza senza posa. La materia narrativa è sottoposta ad un’analoga tensione tematica: Wong travasa la crepitante componente religiosa in quella mélo, descrivendo il rapporto sentimentale tra Wah (Andy Lau) e Ngor (Maggie Cheung) come potenzialmente salvifico e investendolo così di una purezza abbacinante. Il voltaggio emotivo che ne deriva è elevatissimo”. (Alessandro Baratti)

19 aprile

THE AFRICAN QUEEN (105’) (La regina d’Africa) di John Huston
con Humphrey Bogart, Katharine Hepburn
USA, 1951
Restauro a cura di StudioCanal
Introduce Michele Gottardi

È un film d’avventure e, insieme, una critica del cinema d’avventure senza esserne la parodia; una storia d’amore fra un’ossuta quarantenne bigotta e un cinquantenne irsuto e alcolista; un film d’ambiente africano dove il folclore, il colore, il fascino dell’Africa sono quasi assenti”. (Morando Morandini)

Il più celebre dei film di Huston, ma anche uno dei più superficiali. Il contrasto è lampante, e d’altra parte assai piacevole, fra l’autenticità della descrizione dell’ambiente naturale dove si svolge l’intrigo (filmato sul posto) e il carattere romanzesco, stravagante, altamente inverosimile del suddetto intrigo. Oltre questa autenticità, l’interpretazione è evidentemente il punto forte del film, dato che Bogart e Hepburn occupano da soli lo schermo per la maggior parte del film”. (Jacques Lourcelles)

26 aprile

ORDET (124’) (Ordet – La parola) di Carl Theodor Dreyer
con Henrik Malberg, Emil Hass Christensen
Danimarca, 1955
Restauro a cura di Danish Film Institute
Introduce Giuseppe Ghigi

Il più compiuto dei cinque film sonori di Dreyer (…). La lentezza del ritmo è posta al servizio di un’azione ricca ed anche, drammaticamente parlando, molto abbondante, lunghe inquadrature fisse prolungate da calme panoramiche accompagnano gli spostamenti dei personaggi, le variazioni di luce in uno spazio chiuso e ristretto compongono lungo tutto il film un rituale ipnotico. Questo rituale ha lo scopo di ottenere dallo spettatore il massimo di attenzione facendola convergere sullo spazio stretto del film, considerato come l’anticamera dell’invisibile. Con una minuzia infinita, prossima in un’altra tonalità a quella di un Vermeer, Dreyer esplora una particella dell’universo dove la fede e lo scetticismo, la ragione e la follia, l’infanzia e la vecchiaia, l’ostinazione e l’accordo con il mondo convivono come lo fanno dall’origine del tempo”. (Jacques Lourcelles)

3 maggio

THE DRIVER (91’) (Driver l’imprendibile) di Walter Hill
con Ryan O’Neal, Bruce Dern, Isabelle Adjani
USA, 1978
Restauro a cura di StudioCanal
Introduce Roberta Novielli

Una rilettura del noir dalle ambizioni quasi metafisiche, con un occhio al cinema stilizzato di Melville e uno a quello di Peckinpah (…) nella violenza secca e fatalista. Quello raccontato è un mondo definitivamente ripiegato su se stesso, dai valori precari e dalle tendenze autodistruttive, dove non c’è posto per la psicologia e gli spazi sono ridotti a pure forme geometriche quasi astratte. Il motivo dell’inseguimento automobilistico diventa quindi una perfetta incarnazione del desiderio di fuga da un ambiente ostile con il quale è impossibile vivere in armonia (…). Ha fatto scuola la scelta espressiva di contrapporre l’iperrealismo del paesaggio urbano con una dimensione quasi inconscia da incubo a occhi sbarrati o da visione allucinata. Modello evidente per Drive di Nicolas Winding Refn”. (Paolo Mereghetti)

10 maggio

BARIERA (78’) (Barriera) di Jerzy Skolimowski
con Jan Nowicki, Joanna Szczerbic, Tadeusz Łomnicki
Polonia, 1966
Restauro a cura di Polish Film Institute/DI Factory
Introduce Elena Pollacchi

Opera ardita e sperimentale in cui Skolimowski attraverso una forma filmica refrattaria a qualsiasi etichetta o classificazione intende raccontare un disagio generazionale, un lancinante senso di inquietudine dinnanzi a una realtà che appare immutabile. Le vecchie generazioni ciniche ed egoiste hanno condannato le nuove a una società patriarcale e spenta che il cineasta polacco (qui alla sua terza regia) intende esorcizzare attraverso l’estro creativo, rivendicando una vitalità che si esprime tramite la cinefilia (con omaggi evidenti a Fellini e alla Nouvelle Vague francese), l’invenzione visiva e la capacità di sdrammatizzare con ironia sagace e pungente. Un vero e proprio incubo a occhi aperti, stimolante e sorprendente, esempio tra i migliori di un cinema capace di andare oltre gli schemi prestabiliti, anticonvenzionale senza mai essere autoreferenziale o cervellotico esercizio di stile”. (LongTake.it)

17 maggio

IN EINEM JAHR MIT 13 MONDEN (124’) (Un anno con 13 lune) di Rainer Werner Fassbinder
con Volker Spengler, Ingrid Caven, Eva Mattes, Lilo Pempeit, Rainer Werner Fassbinder
Repubblica Federale Tedesca, 1978
Restauro a cura di StudioCanal
Introduce Marco Contino

Girato in 25 giorni il film trae ispirazione dal suicidio di Armin Meier, amante di Fassbinder (…). Un film amarissimo, sottolineato dalla musica di Mahler, che descrive un mondo ormai diventato un inferno. Due momenti fanno di questo lavoro uno dei film più carichi d’emozione del regista tedesco: il flashback del macello e quello narrato dalla sorella (interpretata da Lilo Pempeit, che è nella realtà la madre di Fassbinder). Il titolo si riferisce alla credenza che un anno con 13 lune, come il 1978, ha pessime influenze sulle persone particolarmente sensibili”.  (Paolo Mereghetti)