La chimera, Alice Rohrwacher: «preferisco il viaggio collettivo a quello dell’eroe»

I tombaroli, il passato e il racconto favolistico: Alice Rohrwacher ci parla del suo ultimo film

0
alice rohrwacher la chimera

Lo descrive come «un film aereo che ha bisogno di radicarsi al pubblico» il suo La chimera Alice Rohrwacher, presentato oggi nella sezione Best of 2023 della Festa del Cinema di Roma dopo esser passato, lo scorso maggio, nel concorso della selezione ufficiale al 76. Festival di Cannes e qualche settimana fa al New York Film Festival 2023. «Abbiamo dei pregiudizi nei confronti del pubblico. Lo consideriamo predisposto solo alle narrazioni classiche e tradizionali. Sono sicura che invece, soprattutto i giovani, siano pronti per delle forme narrative nuove e ho il desiderio di dimostrarlo». 

LEGGI ANCHE: Cannes 2023, La chimera, recensione del film di Alice Rohrwacher

Ambientato negli anni ’80 nel mondo clandestino dei “tombaroli” della Tuscia, La chimera racconta di un giovane archeologo inglese (Josh O’Connor, l’allora principe Carlo in The Crown) coinvolto nel traffico clandestino di reperti archeologici. La storia di Arthur si trasforma in una discesa onirica sospesa tra aldilà, passato e presente, eternamente in bilico tra antico e moderno. «È un film sulla parte più oscura dell’archeologia, sui predatori d’arte – spiega Rohrwacher – Racconto l’avvento del materialismo, quando abbiamo deciso che non c’era più niente di sacro. E la Tuscia, terra così ricca di storia, era lo scenario giusto per raccontare quella dissacrazione».

Con La chimera la regista di Fiesole conclude, ideologicamente, una trilogia sul territorio che si pone domande sul passato, avviata nel 2014 con Le meraviglie e proseguita nel 2018 con Lazzaro felice. «Non indago il passato perché sono nostalgica, ma perché mi piace evocare la memoria. Lazzaro Felice evocava quella dell’uomo bravo, La chimera quella di ciò che ci manca. La mancanza ci accomuna. C’è un legame tra i miei ultimi tre film: il territorio è il luogo simbolico della ricerca comune e della possibilità di essere una famiglia». In merito alla collettività del suo cinema, Alice Rohrwacher spiega di non amare il classico viaggio dell’eroe: «avevo paura di essere fagocitata dal film dell’eroe: mi sta antipatico, non esiste solo il viaggio individuale, c’è anche quello collettivo».