Laura Pausini – Piacere di conoscerti: «Vi racconto la mia vita se non avessi vinto Sanremo»

La cantante italiana dei record si racconta in un docu-film, dal 7 aprile su Prime Video. L'abbiamo incontrata in conferenza stampa

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Non ha bisogno di presentazioni, Laura Pausini, l’artista italiana più conosciuta e apprezzata nel mondo (parlano i numeri, 70 milioni di album venduti), l’unica cantante donna italiana ad essersi aggiudicata un Grammy Award, 4 Latin Grammy Awards e il Golden Globe, vinto lo scorso con la canzone Io sì/Seen, colonna sonora del film La vita davanti a sé, candidata anche ai Premi Oscar 2021 (ma sconfitta, in quell’occasione, dal brano “Fight for you” del film Judas and the Black Messiah). Raccontare la carriera musicale della Pausini in poche righe sarebbe impossibile e non è nel nostro intento, come non lo è quello di Laura Pausini – Piacere di conoscerti, il nuovo film Amazon Original scritto dalla cantante insieme a Ivan Cotroneo (anche regista) e Monica Rametta, in arrivo su Prime Video dal 7 aprile. 

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La vita B di Laura Pausini

«Come sarebbe stata la mia vita se non avessi vinto Sanremo?» Se lo chiede da 29 anni Laura Pausini, da quando appena diciottenne, nel 1993, vinceva la sezione Novità del Festival di Sanremo con il brano La solitudine. Eppure la risposta a questa domanda, la ragazza di Faenza cresciuta a piano bar nei locali di Solarolo ce l’ha ben impressa nella mente, a tal punto da volerci costruire un docu film, cimentandosi per la prima volta davanti alla macchina da presa.

«L’idea del documentario mi venne proposta qualche anno fa, ma inizialmente la rifiutai – spiega Laura Pausini in conferenza stampa – Mi sembrava una cosa troppo autocelebrativa: chi mi seguiva da tempo sapeva già quello che avevo fatto. Poi una notte, poco prima del lockdown, mi son svegliata e ho cominciato a scrivere sul mio cellulare questa storia che in realtà è nella mia testa da 29 anni, da quando è cominciata la mia carriera. Volevo raccontare come sarebbe stata la mia vita se non fossi diventata famosa». 

Trovato il soggetto del film, si è formata la squadra Amazon Original con Ivan Cotroneo (La kryptonite nella borsa, Un bacio) alla regia, curatore anche della sceneggiatura insieme alla Pausini e Monica Rametta (Un bacio, Il volto di un’altra) e con la supervisione creativa di Francesca Picozza e il direttore della fotografia Gherardo Gossi (Diaz, Le sorelle Macaluso).

Ed ecco che Laura Pausini – Piacere di conoscerti si dipana tra “finzione” e realtà, con immagini costruite ad hoc per ricreare una vita non vissuta, ma che poteva essere: una Laura Pausini sulla soglia dei 50 anni, proprietaria di un negozio di ceramiche, con un figlio di nome Marcello (in realtà ha una figlia, Paola, di 9 anni) e un secondo lavoro come cantante di piano bar nei locali romagnoli. Alternate alle scene recitate ci sono quelle private della vera vita di Laura, dalla vittoria al Festival di Sanremo, agli stadi, ai viaggi in tutto il mondo, fino a quelle più intime, di vita familiare, dalla gravidanza alla relazione con il compagno e musicista Paolo Carta.

«Grazie al lockdown ho avuto più tempo per mettere insieme le idee – continua a spiegare Laura  – Ivan [Cotroneo] ha praticamente vissuto in casa mia, abbiamo organizzato videochiamate con tantissime persone. Mi sono resa conto che stavamo facendo una cosa che non era solo un capriccio personale. Per due mesi sono stata quella che ho immaginato di essere per 29 anni. Sono stata seguita in ogni minimo dettaglio, chi mi conosce sa quanto amo i dettagli. Mi hanno permesso di scegliere tutto, dagli arredamenti, ai vestiti e ho seguito passo per passo il montaggio». 

Benché personale e inevitabilmente autocelebrativo (“chi fa il nostro mestiere deve avere faccia tosta e un po’ di egocentrismo”), il doc nasce con lo scopo di poter essere universale e poter lanciare un messaggio per tutti: «Non l’ho fatto solo per togliermi una soddisfazione, ma perché potevo veicolare un messaggio. Potevo essere un tramite. Tutti noi ci siamo posti queste domande. La gente potrà usare me e questa storia per ritrovare se stessi. Nella vita ci sono tanti piani B». 

Alla base del film ci sono due concetti, ci tiene a sottolineare la Pausini: la consapevolezza che il sentirsi realizzati non dipende dalla fama e che le sconfitte sono importanti tanto quanto le vittorie.

«La vittoria ai Golden Globe e la nomination agli Oscar mi sono piovute dal cielo, quasi mi sentivo in colpa per essere di nuovo al centro dell’attenzione. Perché a me tutta questa fortuna? Ma ho capito che non sono né i premi, né il pubblico a renderti importante. Quando arriveremo alla fine della nostra vita saremo soli e ci faremo una domanda: siamo stati felici? Abbiamo fatto quello che volevamo? Non ci sarà un pubblico a darti un voto. Ci sei solo tu. Il tuo voto te lo dai tu».

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Sul concetto di perdita, aggiunge: «Siamo troppo poco educati ad affrontare la sconfitta. Fin da piccoli ci viene impartito il messaggio “devi essere il migliore”, ma è un grande errore. Perdere è importante tanto quanto vincere».

Nella seconda parte della conferenza, spazio alle domande dei giornalisti, di stampa italiana, ma anche estera.

C’è qualcosa che cambieresti nella tua carriera?

Sì, 5 o 6 persone. Sono contenta di essere nata nel segno del Toro perché ho la testardaggine, ma ci metto tantissimo a cambiare qualcosa. Ero timida sì, ma non nella musica. Quando canto La Solitudine mi emoziono ancora. 

Quale incontro ha segnato di più la tua vita?

L’incontro con mia figlia Paola. Lei mi ha spiegato perché vivo, mi ha fatto cambiare tante cose sia a livello umano che professionale. È il mio timone. Ad esempio, da quando è cresciuta mi vergogno di una cosa: aver fatto il dito medio al secondo concerto di San Siro, quando mi avevano detto che non sarebbe stato sold out.

Il nuovo disco doveva uscire nell’ottobre 2021. Cosa è successo?

Ci sto lavorando da due anni, ma non riesco a finirlo. Non mi era mai successo, ho un blocco. Io parto quasi sempre dal titolo del disco e poi sviluppo tutto, ma stavolta non ho questo input. 

Momento più alto e più basso della tua carriera?

Il più basso è quando ho vinto il Grammy ed ero da sola. Il punto più alto Sanremo. Senza quello, non ci sarebbe stato nient’altro.

Perché nel film, nella versione B della tua vita, ti vedi come madre single e con un figlio di nome Marcello?

Il mio figlio “immaginario” nel film si chiama Marcello perché i miei genitori persero un figlio che si doveva chiamare così. Anche quando mia madre rimase incinta di me, si pensava che dovessi essere un maschio e mi avrebbero chiamato Marcello. Anche io, se avessi avuto un figlio, lo avrei chiamato così. Sull’essere una madre single mi piaceva l’idea che una donna potesse crescere un figlio da sola, anche se sposata e con la fede al dito. 

Il tuo rapporto con la Spagna?

La Spagna è, ancora oggi, il paese in cui ho venduto più dischi come artista straniera. In vetta ai dischi più venduti di sempre c’è il mio. Scusami Michael Jackson! [ride]. Comunque abbiamo avuto una relazione di alti e bassi, per la Spagna è stato difficile seguire la mia crescita. Resta in ascolto ad esempio è il disco che è andato peggio in Spagna, nonostante abbia vinto il Grammy come Miglior album Pop latino dell’anno. Ci sono stati anni in cui per me fu difficile riavvicinarmi. Considerate che io mi sento per metà anche spagnola, mi hanno adottata. Sono la loro figlia, fidanzata, vicina di casa. Ero ferita quando non mi hanno capito. Quando sono tornata in Spagna a fare The Voice è rinato l’amore.