Mamma qui comando io, Federico Moccia: «Indago la sensibilità dei bambini»

Federico Moccia presenta il nuovo film, Mamma qui comando io, in sala dal 14 settembre. E a Ciak dice: «È un invito a non dimenticare come eravamo attenti, sensibili e profondi da piccoli»

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I litigi di coppia, la crisi, la separazione: il copione è noto. Ma come si fa quando il giudice affida la casa al figlio e mamma e papà devono alternarsi? Federico Moccia torna al cinema con Mamma qui comando io, una storia che racconta come una sentenza può cambiare in modo imprevedibile i rapporti in una famiglia. Abbiamo incontrato il regista e scrittore.

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Stavolta si è fatto attendere.

Sa, dipende da come girano le cose. Si fanno progetti, si scrivono storie. La verità è che sono subentrati problemi legati al Covid.

E poi doveva laurearsi!

Esatto. Io penso che quando c’è un momento di difficoltà conviene usarlo nel modo più utile per riflettere e migliorarsi. Mi mancavano 5 esami per la laurea in Legge ma ho cambiato con Lettere. Ho pensato fosse meglio una rinfrescata in questo campo.

Lei è riconosciuto come l’inventore di un genere romantico che ha fatto sognare milioni di giovani. Ora a chi si rivolge Mamma qui comando io?

Mi è sembrato interessante indagare il punto di vista dei più piccoli. Ragionare sull’ironia e sulla capacità sorprendente dei bambini di comprendere ciò che li circonda con una curiosità e una velocità incredibili. Nonostante la tenera età, sono sensibili e maturi davanti a dolori grandi come quello della separazione. Nel film mi ha divertito il fatto che i genitori che restano insieme sono l’eccezione. I bambini si mostrano sorpresi davanti a una coppia che funziona.

Mamma qui comando io prende le mosse da una storia vera.

Sì, l’idea si sviluppa da una sentenza del tribunale di Matera con cui, per la prima volta in una separazione, la casa veniva affidata al figlio e i genitori si dovevano alternare. La valutazione del giudice è stata intelligente: in un momento di squilibrio, così delicato e difficile, al ragazzo è stato dato almeno un punto fermo.

I litigi messi in scena sembrano la quotidianità di molti. L’equilibrio familiare può esplodere da un momento all’altro?

Secondo me funziona quella canzone di Battisti-Mogol che fa: «Prendere a pugni un uomo solo perché è stato un po’ scortese sapendo che quel che brucia non sono le offese». Mi viene da pensare che quando vien fuori un problema come “tu non chiudi il dentifricio, tu non metti le mutande nel cesto” in realtà ci sono dinamiche più complesse. Spesso è un pretesto la ricerca dello scontro, è indice di qualcos’altro che invece non si affronta, e che uno magari non sa neanche spiegare a sé stesso.

Quale messaggio contiene la storia?

È un invito a non dimenticare come eravamo attenti e sensibili da piccoli. Rileggendo i diari di quando ero ragazzino mi sono sorpreso per la profondità dei miei pensieri. Per assurdo sono diventato più leggero crescendo, a quell’epoca ero quasi leopardiano. Mamma mia, stavo malissimo, ho pensato leggendo. I bambini hanno una serietà e una capacità di valutazione davvero grandi. Dato che penso che in caso di separazione un figlio si trovi solo nella sua sofferenza, mi piacerebbe che i genitori avessero più attenzione e considerazione per i ragazzi. Mamma qui comando io

È il suo film della maturità? D’altronde ha appena compiuto 60 anni.

(Ride) Sì, come il 60 alla maturità, punteggio massimo ai miei tempi. Oggi sono 60 come anni e come maturità cinematografica.

Oltre 30 anni dall’uscita del libro Tre metri sopra il cielo, e 20 dal film. Qual è il bilancio da allora?

È stato un cammino sorprendente e inaspettato. Avevo scritto il libro nel 1992 ma nessuno voleva pubblicarlo. Lo feci io con una piccola casa editrice, a mie spese. Dopo 12 anni c’è stato un incredibile rilancio e tutto ciò che ne è conseguito. Ricordo che quell’estate, sulla spiaggia di Ansedonia, sotto ogni ombrellone c’erano persone con in mano quel libro. Mi sorprese. Una sensazione fortissima. La bellezza è stata poi vedere l’emozione dei lettori che ti incontrano nei paesi stranieri. Anche perché, come diceva Max Frisch, «il successo non cambia l’uomo, lo svela». Lo trovo vero. Io non posso che essere riconoscente alle persone che mi seguono. Incontrarle, fermarmi a parlare, e non avere quella supponenza che ogni tanto alcuni mostrano al loro pubblico, dimenticando che gli devono tutto.

In Spagna è amatissimo. Di lei dicono: «È il primo italiano che ha inondato di zucchero le nostre librerie». Le piace?

Mi piace, anche se purtroppo non è solo zucchero …quel che luccica. Nelle storie ci sono anche tanti dolori. Ma sono contento per la grande diffusione e la risposta positiva, in Europa e ora anche in America.

E per la moda dei lucchetti. Mamma qui comando io

Ho voglia di te usciva il 9 febbraio 2006. L’8 sera io sono andato a Ponte Milvio e ho messo un lucchetto al terzo lampione perché ho detto: metti caso che qualcuno leggendo il libro vuol venire a vedere se questa leggenda è vera. Una settimana dopo sono passato e ho visto che c’erano centinaia di lucchetti. Non ci potevo credere!

Tutto arriva a chi sa osare e aspettare?

Io avevo ricevuto tantissimi rifiuti dalle case editrici. Il fatto che poi testardamente decisi di andare avanti per conto mio e che il libro cominciò a girare in fotocopia è come a dire che devi seguire le tue idee, non devi fermarti davanti a chi ti dice che non è giusto o non vale la pena.

Su WhatsApp ha per immagine La grande onda di Hokusai.

Perché è inevitabile che ci siano tempeste, ma prima o poi torna quel bel mare piatto che si può attraversare. È la bellezza di ciò che ci circonda. Purtroppo può accadere che le situazioni si complichino ma dobbiamo sempre trovare la forza di gestirle al meglio. Mamma qui comando io