L’amica geniale diventa serie tv: intervista al regista Saverio Costanzo

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«Nel 2010 avevo già diretto un film tratto da un bestseller, La solitudine dei numeri primi. Avevo promesso a me stesso di non farlo più, per via dei confronti con il libro e delle aspettative dei lettori. Ma quando Elena Ferrante mi ha chiesto di dirigere la serie L’amica geniale non ho avuto nessun dubbio, perché amavo moltissimo quella saga e ammiro Ferrante fin dal suo primo libro. Ho sempre sentito che avevamo un immaginario comune, qualcosa che condividevamo, e quindi sono saltato nel progetto». Saverio Costanzo parla con passione delle otto puntate della serie di HBO-Rai Fiction e TIMVISION (prodotta da Lorenzo Mieli e Mario Gianani per Wildside e da Domenico Procacci per Fandango in coproduzione con Umedia Production) tratta dal romanzo L’amica geniale di Elena Ferrante, in onda su Rai Uno dal 27 novembre. Prossimamente gli episodi raddoppieranno, perché verrà trasposto anche il secondo libro della saga, edita in Italia per i tipi di E/O, sull’amicizia delle protagoniste Raffaella, detta Lila, ed Elena, detta Lenù, a partire dall’infanzia nella Napoli degli anni ‘50. Nemmeno Costanzo ha mai incontrato di persona la Ferrante, fedele alla sua segretezza. Ma i due si sono scritti assiduamente via mail.

 

I PRIMI CONTATTI TRA COSTANZO E FERRANTE

«L’unica cosa che Ferrante ha voluto assolutamente nella sceneggiatura era il prologo: dobbiamo sapere che Elena sta scrivendo un libro per vendetta», dice il regista. È stata proprio la scrittrice a volere Costanzo alla regia della serie. Il primo contatto tra i due risale al 2007, per un progetto diverso: «Volevo prendere i diritti del suo terzo libro, La figlia oscura», racconta Costanzo. «Me li ha concessi gratuitamente per sei mesi, scrivendomi  via mail: “Sentiti libero di decidere se farne un film oppure no”. Purtroppo non sono riuscito a realizzarlo. Ma otto anni dopo ho ricevuto la mail dell’editore in cui Ferrante mi chiedeva di dirigere la serie. La figlia oscura è uno spin off de L’amica genialeforse per questo aveva pensato a me».

COSA CAMBIA RISPETTO AL ROMANZO

La pressione, per una produzione così complessa e ad alto budget, era tanta: «Ma non ero spaventato o preoccupato perché Ferrante e io, come ho detto, condividiamo lo stesso immaginario», dice Costanzo. «Come a lei, mi piace il melodramma, ma anche quello un po’ thrilling. Mi sono sentito a mio agio anche se il progetto era enorme». Se alcuni dettagli di sceneggiatura differiscono dal romanzo, lo spirito è il medesimo: «Abbiamo cambiato tutto, ma si capisce appena, perché abbiamo colto il cuore della storia. Con Ferrante abbiamo lavorato insieme a ogni scena, ma lei non ha mai imposto niente. A volte aggiungeva qualche dialogo, altre volte ci ha guidato per illuminare qualche punto oscuro del libro».

L’AMICA GENIALE: UN SOGGETTO FORTE E BRUTALE

L’amica geniale sarà visto in centinaia di Paesi: «Nel linguaggio cinematografico ho seguito lo stile del libro, che è per scelta accessibile», riflette Costanzo. «Ho sempre fatto film dove i personaggi compiono un percorso dal fuori al dentro, e da dentro non rivedono mai più la luce del sole. Ferrante lavora allo stesso modo: nei suoi romanzi c’è sempre un personaggio che va dentro il suo inconscio in una specie di incubo. Ne L’amica geniale, però, porta questo lavoro in orizzontale: forse per aprirsi a più lettori, forza la tragedia a diventare epica, perché l’epica è molto più accessibile. Ma questo non significa fare qualcosa di semplice o superficiale per il pubblico. L’amica geniale è un soggetto difficile, violento, brutale, forte. Le facce che abbiamo scelto sono diverse da quelle che si vedono in televisione. Sia HBO che RAI Fiction volevano qualcosa di autentico». Dall’inizio, quindi, «ho sempre pensato: lavoriamo su un classico, che significa che il pubblico non deve sentire la  telecamera e il regista è nascosto. Quando sai nascondere te stesso significa che finalmente hai un punto di vista».

UNA STORIA AL FEMMINILE, MA DIVERSA DAL #METOO

L’amica geniale è una storia al femminile, ma non ha niente a che fare con i proclami del #MeToo. «Ferrante non fa mai dichiarazioni di femminismo: è il racconto di due donne, non una storia femminista sulle donne. L’aspetto davvero moderno della vicenda, nascosto nel film, è il potere dell’educazioneUna maestra può cambiare il destino della tua vita. Vuol dire che la cultura è l’unico modo di costruire un’anima solida. E questo è l’argomento più provocatorio e politico del libro. Il punto di vista è sempre femminile, ma l’emancipazione riguarda anche gli uomini, come il personaggio di Pasquale, o Nino Sarratore, che viene dal rione e diventa un politico».

LE PROTAGONISTE E IL SET

Al centro, comunque, ci sono Lenù e Lila, interpretate da quattro sorprendenti debuttanti, selezionate tra migliaia di candidate: Lenù ha il volto di Elisa Del Genio e Margherita Mazzucco, l’oscura Lila, quello di Ludovica Nasti e Gaia Girace. «Ferrante ha creato dei personaggi così forti e coerenti che abbiamo dovuto semplicemente aiutarle a seguire la giusta direzione», commenta il regista. La serie è girata fra gli spettacolari set che ricostruiscono il rione napoletano descritto nel libro. «All’inizio abbiamo provato a cercare location reali. Ho guardato al rione Sanità, meraviglioso con i suoi edifici barocchi. Ma quando mi hanno portato sui luoghi reali dove tutti dicono che Elena Ferrante ha ambientato questa storia, sono rimasto molto sorpreso perché erano posti piuttosto insignificanti. Inoltre le ragazzine non hanno mai visto il mare: non potevamo girare in un quartiere vicino al centro di Napoli. Avevamo bisogno di interi edifici: alla fine era molto più facile ricostruire interamente il rione». Del resto, conclude Saverio Costanzo, «non volevamo fare niente di davvero realistico. Abbiamo cercato la coerenza all’interno del nostro mondo. I nostri riferimenti sono stati letterari: tra le fonti d’ispirazione c’è anche Charles Dickens»