Paolo Genovese: «Il talento? È un dono, ma non basta. Diamo opportunità ai giovani»

Dal Torino Film Festival 2023 la nostra intervista a Paolo Genovese per il documentario I 400 giorni -Funamboli e maestri.

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Paolo Genovese

Ospite al 41° Torino Film Festival per accompagnare il documentario “I 400 Giorni – Funamboli e Maestri”, Paolo Genovese ha raccontato a Ciak il suo coinvolgimento nel progetto ideato da Daniele Orazi, produttore e talent manager che per oltre un anno ha portato avanti un casting on the road in tutta Italia alla ricerca di un vivaio di attori emergenti da lanciare nel mondo del cinema.

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Genovese ha preso parte al documentario con una breve incursione, offrendo, come tante altre voci del panorama cinematografico italiano, la propria testimonianza e i propri consigli.

Paolo, in che modo sei finito nel progetto di Daniele Orazi?

Daniele mi aveva parlato di questa sua idea un bel po’ di tempo fa e mi aveva colpito molto. Voleva dare un’opportunità concreta ai giovani. Conosciamo tutti le difficoltà che hanno gli attori emergenti al giorno d’oggi e lui si è inventato questa cosa molto bella. Il mestiere dell’attore è soggettivo: devi trovare qualcuno a cui piacere, che sia un regista o un produttore. Ma parte tutto dalla possibilità di far vedere quello che sai fare. Mi capita spesso di sentire attori emergenti lamentarsi per le poche opportunità e i provini sempre più difficili da trovare. Questa iniziativa è un modo per farsi vedere e l’ho accolta con entusiasmo. C’erano tanti giovani talenti, il mio coinvolgimento è stato piccolo, ma significativo.

Nel documentario si cita spesso la parola “talento” e si cerca di darne una definizione. Per te cos’è il talento? Ritieni che sia semplicemente innato o che si possa maturare col tempo?

Definire “talento” è complesso. È un dono, una capacità sopra la media di esprimere quello che hai dentro. Ma non basta il semplice talento. È una cosa che va indirizzata, incubata e coltivata, insieme a tante altre emozioni e sensazioni. Avere intorno una struttura e delle persone che permettono di far crescere il talento è fondamentale. Da solo non è sufficiente, serve qualcuno che lo lavori.

«L’essenza del nostro lavoro non è la certezza. È il nuovo. Ma il nuovo spaventa». Questa è una frase che ti sentiamo pronunciare nel documentario. Quanto è importante cercare nuove forme di linguaggio, nuovi spunti e nuove storie al giorno d’oggi?

Penso che il ‘nuovo’ sia fondamentale. Un’idea che nessuno ha mai ancora battuto spaventa, tanti film vengono respinti perché rischiano di non essere capiti. Io nei corsi che tengo agli allievi dico sempre: non fatevi spaventare dai rifiuti. Anche i ‘no’ sono un modo per coltivare il talento.

Parlando di cose nuove, quest’anno hai esordito nella serialità con I leoni di Sicilia. Il prossimo progetto sarà ancora una serie o torni al cinema?

Il 28 novembre è uscito il mio nuovo libro, Il rumore delle cose nuove, una storia che indaga i segreti di tre coppie diverse. Per ora è un romanzo, magari in futuro diventerà anche un film.

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Guarda qui la nostra video intervista a Paolo Genovese: