Psicocinema al Lido, Dogman di Luc Besson

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Mi sono sempre piaciuti i travestimenti. È questo che fai. Ti travesti, ti inventi un passato, dimentichi il tuo”. Parole, nel film, dette dal protagonista, e incarnate da un attore dal talento eccezionale. Caleb Landry Jones ha dato voce, infatti, a Douglas, ex bambino che, in risposta alla violenza del padre, e rinchiuso da questo in una gabbia con cani, cerca di sopravvivere inventando un futuro. Accanto agli unici che gli hanno offerto amore. I cani, appunto. Aggrappandosi inoltre all’unica fonte in grado di sostenerlo, l’arte. Legge, studia Shakespeare e impara a metterlo in scena. “Se reciti Shakespeare, puoi recitare qualsiasi cosa”, e lui, per vivere, fa la drag queen.

Ci sono attori che riescono a mettere in scena l’inferno di un mondo interno che convive con la sofferenza. Questi sono attori  che lo attraversano nel momento in cui  lo recitano, dimostrando di saperlo fare anche col proprio. Luc Besson ha scelto il migliore per questa parte. 

Dogman è un film che riesce a mettere in luce il vissuto di un bambino soggetto a traumi ripetuti, ma anche la forza che un essere umano riesce ad usare per sopravvivere. Trascinandosi dietro l’inferno, ma tenendone il peso. Oltre a questo, nel film, il thriller. Che offre lo spunto per tirare un sospiro di sollievo dal dolore psichico più puro, puntandolo su “i cattivi da film giallo”, che fanno incursione. 

Ci sono momenti del film che toccano il cuore, ma anche quelli che divertono. Come i fedeli cani, in grado, per amore, di fare cose al limite del possibile. 

Io credo in Dio, ma in quel momento mi chiesi se lui credesse in me”, dice Douglas nel film. Intanto, sicuramente, l’idolatria da parte dei cani lo sostiene. E va avanti, come procede con lui lo spettatore, trascinato in questa storia che, seppur di fantasia, fa venire alla mente tante storie, che con la realtà hanno sicuramente avuto e hanno a che fare.