The Human Voice, la recensione di un piccolo imperdibile Almodóvar

Il cortometraggio presentato a Venezia è tra le uscite del 13 maggio.

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The Human Voice - Tilda Swinton
The Human Voice - Tilda Swinton

Non per tutti i cortometraggi si può dire lo stesso, ma in questo caso sarebbe un peccato non vedere La Voz Humana (The Human Voice) di Pedro Almodóvar sul grande schermo. Un vero peccato. Anche perché dal 13 maggio saranno molte – circa una ottantina – le sale italiane che lo metteranno a disposizione degli spettatori, grazie alla distribuzione della Warner Bros. Pictures.

The Human Voice di Pedro Almodóvar arriva in sala (trailer)

Una storia semplice, che lo stesso regista racconta brevemente nelle note di produzione che riportiamo più in basso. “Una lezione morale sul desiderio” ispirata alla pièce teatrale “La voix humaine” di Jean Cocteau – una delle passioni del regista e sceneggiatore spagnolo – portata sullo schermo in forma di cortometraggio. 30 minuti che di breve hanno solo il formato scelto per il film, considerata la dilatazione spazio e temporale che Almodóvar riesce a mettere in scena. Grazie anche alla protagonista principale (per tacer del cane) del monologo: una grande Tilda Swinton. E’ lei la donna “sull’orlo dell’abisso”, prigioniera di un amore cui non sa rinunciare, per quanto doloroso.

L’amore e la passione insieme a dolore e tormento: elementi imprescindibili nel cinema di Almodóvar, che si diverte a citare se stesso e la “Legge del Desiderio” mentre trasforma la grande attrice londinese in uno degli elementi di un sorprendente mosaico pop. Tutto è citazione, nulla è casuale. Arredamento, soprammobili, accessori, luci, da sempre il buon Pedro gioca con forme e contrasti nei suoi film, geometrie accuratamente dissonanti, o paradossalmente regolari, colorate nelle tonalità che più ama il manchego: forti.

The Human Voice - Pedro Almodovar
The Human Voice – Pedro Almodovar

Ma non è solo un esercizio di stile quello di The Human Voice, ché tra giochi formali e simmetrie concettuali dà corpo alla prigione nella quale si è rinchiusa la donna disperata impegnata nell’ultima telefonata con il suo amato. L’appartamento ricostruito in uno studio cinematografico, visto dall’alto, ricorda il labirinto di una cavia. Convinta di esser libera di muovervisi, di uscire, salvo rivelare la natura artificiosa della prigione nella quale lei stessa si è rinchiusa.

Venezia 77, The Human Voice: l’abbandono secondo Almodóvar

Vedere muoversi la Swinton dalla cucina al bagno, dalla camera da letto al salone, alla ‘terrazza’ (che tanto ricorda il vecchio Donne sull’orlo di una crisi di nervi, e ne sottolinea la connessione con il suddetto Cocteau) è un piacere. Che se impedisce di empatizzare granché, mette lo spettatore in una condizione di ammirazione estetica. Ogni stanza e ogni scena diventano un nuovo quadro di una galleria privata, sin dall’incipit che ci mostra la bionda interprete come una Menina vestita di rosso, nello studio deserto.

Contenuta e cerebrale, anche nei gesti più plateali, verbosa e poco istintiva, Tilda Swinton è la splendida marionetta nelle mani di un ispirato Maestro del cinema. Che la guida fino nei suoi singoli movimenti e posture. E che continua a esser capace di tradurre le proprie turbolente fantasie, sorprendendo con un mix unico e coinvolgente di patimento e ironia.

Sinossi:

Una donna guarda passare il tempo accanto alle valigie del suo ex amante (ci si aspetta che l’uomo ritorni a prenderle, invece non arriverà mai) e a un cane irrequieto che non capisce di essere stato abbandonato dal padrone. Due esseri viventi affrontano l’abbandono. Nei tre giorni di attesa, la donna esce in strada solo una volta, per acquistare un’ascia e una latta di benzina, e passa da uno stato d’animo all’altro: dall’impotenza alla disperazione e alla perdita di controllo. Si trucca, indossa vestiti eleganti come se dovesse andare a una festa, medita di buttarsi dal balcone, finché il suo ex amante non le telefona. Lei però ha perso conoscenza, ha preso un mix di tredici pillole e non può rispondere. Il cane le lecca il viso fino a quando la donna si risveglia. Dopo una doccia fredda, tornata in sé grazie a un caffè nero come i suoi pensieri, il telefono squilla di nuovo e questa volta riesce a rispondere. L’unica voce però è la sua: quella dell’uomo non si sente mai. All’inizio la donna finge di essere calma e di comportarsi in modo normale, ma è sempre sul punto di esplodere contro l’ipocrisia e la meschinità dell’altro.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
the-human-voice-la-recensione-di-un-piccolo-imperdibile-almodovarNon per tutti i cortometraggi si può dire lo stesso, ma in questo caso sarebbe un peccato non vedere La Voz Humana (The Human Voice) di Pedro Almodóvar sul grande schermo. Un vero peccato. Anche perché dal 13 maggio saranno molte - circa una...