Freaks Out – La recensione

La nostra recensione del secondo lungometraggio di Gabriele Mainetti, presentato in anteprima a Venezia 78 e vincitore del Leoncino d'oro.

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Fulvio (Claudio Santamaria), ricoperto di pelliccia e dalla forza sovrumana. Cencio (Pietro Castellitto), albino e in grado di comandare gli insetti. Mario (Giancarlo Martini), affetto da nanismo e capace di controllare i metalli. Matilde (Aurora Giovinazzo), dal corpo elettrico. Sono i (super-)fenomeni da baraccone di Freaks Out, che col loro aspetto insolito (ad eccezione di Matilda) e le loro abilità paranormali sono le attrazioni di punta del circo “Mezza piotta” di Israel (Giorgio Tirabassi).

Ma siamo nei pressi della Roma post-8 settembre 1943. E dopo che un bombardamento distrugge il tendone dei circensi durante uno spettacolo, Israel vorrebbe salpare per l’America, mentre gli altri sono indecisi se seguirlo (e fidarsi) o meno. La Storia però corre più veloce dei dubbi e delle aspirazioni di ciascuno, e i componenti del gruppo si ritroveranno, loro malgrado, catapultati nel fuoco incrociato di nazifascisti, con annessi rastrellamenti di ebrei e altri “diversi”, e partigiani. E le capacità dei quattro super-esseri potrebbero fare la differenza per l’uno o l’altro schieramento.

Sospirato, anticipato, discusso, persino giudicato da prima della sua anteprima veneziana, il secondo lungometraggio di Gabriele Mainetti è senza dubbio figlio (ma non clone) della formula che fece il dirompente successo de Lo chiamavano Jeeg Robot: una via personalissima (che sarebbe riduttivo definire “italiana”) al film di super-eroi, una contaminazione vorticosa di realtà (presente e passata) con i materiali più disparati della fantasia pop, dove a farla da padrone è comunque, e con ogni evidenza, l’immaginario fumettistico.

Ma più che i Fantastici Quattro, i protagonisti di Freaks Out ricordano da vicinissimo altri beniamini di Casa Marvel, gli X-Men: dove il (super-)potere è appunto allegoria di una (e di ogni) diversità etnica, fisica, sessuale, sociale, e la meraviglia si ribalta con facilità in stigma e ghettizzazione. Il personaggio di Matilda/Giovinazzo, pare addirittura ricalcato su quello della x-woman Rogue (Anna Paquin nel franchise cinematografico) con la sua (incontrollata) abilità che ne comporta anche l’impossibilità a toccare ed essere toccata.

E se i mutanti ci rimanda(va)no in origine alle discriminazioni e tensioni razziali negli USA delle proteste per i diritti civili, dei Martin Luther King e dei Malcolm X, nell’Italia occupata e trasfigurata da Mainetti (e dal co-sceneggiatore Nicola Guaglianone) ci si confronta con un momento storico che ha segnato non solo la fisionomia politico-culturale di un Paese e del mondo intero, ma anche il cinema stesso, indelebilmente. Per questo la “Roma città aperta” di Freaks Out non può essere letta senza avvertire il peso (ma anche il coraggio) delle ambizioni di una simile operazione.

Inutile fare le pulci alla verosimiglianza e al grado di approfondimento della Storia dentro la storia di Mainetti & co. Perché il loro film è prima di tutto, e orgogliosamente, fumetto popolare, (dunque) stilizzazione e trasfigurazione della memoria collettiva in spettacolo che metabolizza tutto, da Rossellini e Fellini a Tarantino, dall’action alla commedia vernacolare, da Bella ciao ai Radiohead. Se si accettano le premesse estetiche ed etiche del genere (di generi), ci si diverte (molto) per due ore e mezza. E ci si sorprende forse meno che in un Jeeg Robot ma comunque più che in un medio cinecomic hollywoodiano.

Grazie anche a non poche trovate, su tutte quella del nazista-veggente Franz Rogowski (a sua volta “mutante” rinnegato). Che non può contare sulla verve di un Luca Marinelli ma su un’idea di sceneggiatura (e di messa in scena) che integra felicemente nella diegesi il cortocircuito postmoderno di presente e passato. E malgrado non tutto, nel susseguirsi pirotecnico delle peripezie bellico-supereroistiche, torni alla perfezione, è comunque apprezzabile come, in epoca di pericolosa retorica revisionista, i super(anti)eroi di questo film-fumetto orgoglioso di essere tale abbiano comunque il coraggio di schierarsi dalla parte giusta.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO:
freaks-out-la-recensioneLa nostra recensione del secondo lungometraggio di Gabriele Mainetti, presentato in anteprima a Venezia 78 e vincitore del Leoncino d'oro.